Recensione: “Le anime morte” di Nikolaj Vasil'evič Gogol'
Ho fatto una fatica
enorme a terminare di leggere questo romanzo. Enorme. Per diverse
ragioni: il protagonista, l'arrivista senza scrupoli Čičikov,
che batte la Russia in tutti e quattro i punti cardinali per comprare
le “anime morte” dei contadini, presso i ricchi proprietari
terrieri e ha il solo scopo di arricchirsi, mi nauseava, era
intollerabile, insostenibile.
Mi sono detta in più
occasioni che era meglio riporre il libro nuovamente nello scaffale,
perché nulla poteva darmi una lettura del genere. Eppure c'era
qualcosa che mi spronava a continuare. E non era soltanto la
'pulce-all'-orecchio-Nathaniel-Englander”, noto scrittore americano
contemporaneo, che aveva tessuto le lodi di questo romanzo come il
migliore di tutto l'Ottocento russo. No. C'era dell'altro. Ogni
tanto, tra un capitolo e l'altro, tra un delirio di Čičikov,
una sua rovinosa caduta socio-economica e un suo rialzarsi per
riprendere a commettere gli stessi errori, sbucava la voce fuori
campo dell'autore. Come un Deus ex Machina egli suggeriva delle
parole straordinarie. Ora di punizione, ora di esortazione. Quasi
sempre ironiche.
Mi sono imposta di
arrivare fino alla fine di questo romanzo e ho fatto bene. Ho fatto
molto bene.
Alla fin fine, quello che
Gogol' ha voluto denunciare, è il giudizio della società russa del
tempo, che per estensione è quello dell'umanità tutta: il
materialismo e la superficialità del mondo concorrono a distruggere
l'uomo, a spingerlo verso la distruzione della propria spiritualità,
verso la quale egli è peraltro già ben avviato per sua natura. E
nonostante questa visione pessimista e desolante, quasi per
contrasto, Gogol' arricchisce il romanzo della descrizione commossa e
meravigliosa della natura russa, in ogni sua forma e latitudine.
Quasi a sbattere in faccia al lettore la perdita dell'uomo: siamo
tutti così dannatamente lanciati verso il successo, il denaro, la
conquista di uno status-symbol, del potere, e così via, da non
guardare mai davvero lo splendore che già possediamo naturalmente.
Quello che è intorno a noi, specchio di ciò che dovrebbe essere
anche in noi.
Parla il proprietario
terriero Kostantin Kostanžoglo
Fedorovič:
“L'esperienza di secoli
ha dimostrato che gli agricoltori sono le persone più morali, più
pulite, più nobili, più elevate. Non dico che non bisogna occuparsi
di altro, ma che alla base ci deve essere l'agricoltura. Le fabbriche
verranno da sole e saranno quelle giuste, fabbriche di prodotti che
servono qui, agli abitanti di qui e non questi bisogni che fiaccano
la tempra degli uomini di oggi. Non fabbriche che per continuare a
produrre e a vendere ricorrono a mezzi sleali, corrompono come
marciume questo popolo infelice. Tu puoi parlarmi quanto vuoi della
loro convenienza, ma io non avvierò mai la produzione di prodotti
che non soddisfino questi bisogno indotti dall'alto, il tabacco, lo
zucchero, dovessi anche perderci milioni. Se qualcuno deve corrompere
il mondo, almeno non sarò io. Almeno io sarò giusto davanti al
Signore”.
E ancora:
“Qualcuno si è
inventato che la campagna sia tediosa: io personalmente morirei, mi
impiccherei dal tedio se dovessi trascorrere un solo giorno in città
come lo trascorrono loro, nei loro stupidi club, e ristoranti e
teatri. Imbecilli, branco di imbecilli, una generazione di asini! Chi
si occupa delle sue terre non ha tempo di annoiarsi. Nella sua vita
non c'è una briciola di vuoto, c'è pienezza. Già solo la varietà
delle occupazioni... e che occupazioni! Occupazioni che elevano lo
spirito, perché qui l'uomo è a contatto con la natura, con le
stagioni, compartecipe e interlocutore della Creazione. Considerate
il lavoro di un anno […] beh, non so spiegare cosa si provi. E non
perché si accumula denaro. Il denaro è solo denaro. Ma perché
tutto ciò è frutto delle tue mani, perché capisci che tu sei la
causa, il creatore di ciò, che dalle tue mani, come da quelle di un
mago, sgorga ricchezza e abbondanza per tutti. Dove si trova un
piacere pari al mio? Un piacere così non si trova in tutto il mondo.
Qui l'uomo è fatto veramente a somiglianza di Dio. Dio si è scelto
la Creazione come massimo dei piaceri, e vuole che anche l'uomo sia
creatore, artefice del bene intorno a sé. E questo lo chiamano
lavoro noioso!”
È la dimostrazione
concreta di quello che dico sempre: niente succede per caso. Nemmeno
i libri che ti capitano fra le mani. Ognuno di essi ha qualcosa che
ti serve. Fosse anche soltanto una frase. O una parola chiave.
Basta restare aperti.
Ascoltare.
Leggere.
Sentire.
Qui per augurarti un felice Natale!
RispondiEliminaMia cara, grazie e anche a te! Dobbiamo scambiarci le e-mail, assolutamente :-D
RispondiEliminaComplimenti per l'aurea sintesi
RispondiEliminaGrazie del complimento.
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