Recensione: “Il sangue del vampiro” di Florence Marryat
Castelvecchi, 2010, 324 pp.
Probabilmente presto ci
rimetterò la vista. Mi sto occupando degli ultimi dettagli del mio
secondo romanzo, sto continuando a fare ricerca e, naturalmente, a
leggere romanzi a tutto spiano. Però, però, con questo scritto di
vampiri di epoca vittoriana è stato davvero difficile trattenersi.
Fosse stato per me lo avrei letto ininterrottamente dall'inizio alla
fine.
Prima di tutto io adoro
la letteratura europea di fine Ottocento. Il suo stile, le parole
scelte e cesellate con cura, ogni singolo dettaglio mi affascina. In
questo romanzo, poi, sono rimasta piacevolmente colpita da due
elementi: la descrizione dei luoghi, dei mobili e degli abiti, con
una larga profusione di merletti di ogni provenienza (e io, che mi
sto per iscrivere al secondo anno della Scuola di Merletto a tombolo
di Gorizia, capirete, ne sono estremamente affascinata) e dal mix di
culture tanto tanto diverse tra loro -che peraltro io stessa ho
adottato con estrema naturalezza nel mio primo romanzo “La dama e
l'aquila”-. Quest'ultima scelta, spontanea anche per l'autrice
Marryat, certamente deriva dalla sua diretta conoscenza di molte
terre esotiche, avendo viaggiato col marito in lungo e in largo, e
avendo soggiornato in India per anni.
Comunque, in questo
romanzo la protagonista, Harriet Brandt, è una giovane ventenne,
orfana ed ereditiera ricchissima appena uscita da un convento di
Orsoline in Giamaica, che raggiunge l'Inghilterra, la terra del
padre. Dopo un breve soggiorno assieme a un'ex compagna di studi,
trascorre le vacanze in un paese balneare belga, dove inizia
stringere amicizie. Purtroppo, tutte le persone che entrano in
contatto con lei, stranamente accusano dolori e un'estrema
spossatezza. È la morte della piccola Ethel, però, la piccolissima
figlioletta della sua nuova amica Mrs Pullen, a gettare nel terrore
la madre, che a quel punto chiede aiuto al dottore di famiglia, il
quale le svela gli oscuri natali di Miss Brandt, figlia bastarda del
famigerato Dr. Brandt e di una mulatta mezza nera operatrice di Obi
(magia) e le intima di non avere più alcun contatto con lei. Se la
povera donna accetta il consiglio del dottore, sa bene che sarà più
complicato convincere il cognato a fare lo stesso. Il militare Ralph
Pullen, infatti, benché promesso sposo di Miss Leyton, sembra
irresistibilmente attratto dalla giovane giamaicana, dotata peraltro
di una voce mai udita prima, capace di irretire chiunque.
Il passaggio di Harriet,
suo malgrado, semina morte e dolore, ma è quando la fanciulla verrà
messa davanti alla brutale realtà, che il romanzo prenderà la piega
più interessante. E qui mi fermo.
Posso assicurarvi
soltanto che la fine mi ha toccato il cuore come non accadeva da
tempo e che provo un profondo dispiacere per l'assenza di traduzioni
in italiano di questa straordinaria e prolifica artista che è
Florence Marryat.
Conosci Gadda? La cognizione del dolore. Ma anche il suo pasticciaccio. Un personaggio molto particolare. Un abbraccio :*
RispondiEliminaforse te l'ho già chiesto. Mi sa che devo riposare un po'..bioritmo spostato di pi greco. shift emotivo a parte, la giornata è ancora lunga! come diceva il joker nel primo batman, infinite cose da fare e così poco tempo...
RispondiEliminaIl Pasticciaccio non mi ha mai appassionata, mentre La cognizione del dolore potrei anche provare a leggerlo. E riposa!!
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