Appunti dalla mostra fotografica “Oltre lo sguardo” della Fondazione Carigo di Gorizia
Io all'ingresso della mostra, davanti a un ritratto firmato Helene Hofmann
Finalmente riesco a
trovare il tempo per sistemare i miei appunti, presi durante la mostra
grazie alle due competenti guide che ci hanno accompagnato lungo due
ore di interessanti scoperte. Non vedevo l'ora di rivedere la mostra
ascoltando le esperte. Ci ero già passata una domenica, ma ero con
il mio piccolo Damon, perciò non ho potuto indugiare troppo davanti
alle sezioni che più mi interessavano. Damon è stato bravissimo,
non ha urlato e non si è dimenato, anzi, sembrava molto preso dalle
gigantografie. La sua prima mostra... ne vedrà ancora tante!
Tornando all'evento, si
tratta di un'esposizione di fotografie della Belle Epoque goriziana.
Sono ritratti, panorami e scatti di feste e ricorrenze datati fine
Ottocento, inizi Novecento. C'è qualche sporadica fotografia della
Prima Guerra Mondiale e delle devastazioni che portò in città, ma
l'intento della mostra era quello di mostrare Gorizia durante l'epoca
più florida che abbia conosciuto, quella sotto l'Impero
Austro-Ungarico, quando era definita la “Nizza austriaca” per la
sua bellezza, il clima mite e le offerte artistico-culturali che
offriva.
Bei tempi... e io li
posso conoscere e immaginare solo attraverso queste fotografie.
E ora vi passo i miei appunti, fermo
restando che vi consiglio l'acquisto del catalogo omonimo, in mostra,
oppure in libreria. E' eccezionale:
Le prime foto vengono
realizzate in studio, dove c'erano dei lucernari che venivano aperti
o chiusi a seconda dell'effetto che si voleva ottenere. Si usava una
macchina fotografica arcaica molto ingombrante, con una rotellina che
faceva muovere avanti o indietro l'obiettivo, dotata di una lastra e
un pezzo di stoffa col quale il fotografo si copriva. Sul fondo c'era
di solito una scenografia. Di solito per lo scatto fotografico ci
volevano 40 secondi-1 minuto, perciò il cliente doveva rimanere ben
fermo. A questo pro il fotografo metteva anche dei supporti di legno
per tenere nuche e colli fermi, senza stancare troppo il cliente.
C'erano anche macchine
con quattro obiettivi per la possibilità di fare più riprese di uno
stesso soggetto e quindi il cliente sapeva che una foto su quattro
sicuramente sarebbe stata buona. Negli studi si trovava anche un
guardaroba, che conteneva una marsina, un mantello, ecc, per
consentire al cliente di abbellirsi o travestirsi.
Se il fotografo doveva
fare foto di esterni, doveva portarsi dietro anche la camera oscura,
perché c'erano delle sostanze chimiche da trattare subito, pena la
perdita della fotografia.
Alcuni dei componenti
chimici stesi sulla lastra: potassio ferricianuro, sale acetosella,
potassio bromuro.
All'inizio, per usare
questi elementi, bisognava possedere una licenza e non è un caso che
all'inizio i fotografi furono medici e farmacisti, dal momento che
avevano maggiore facilità ad acquistare questi prodotti.
ANDREA DE CASTRO
fu uno dei primi fotografi di Gorizia. Sovente le foto erano colorate
a mano dalla figlia Anna, anche per questo il padre la premiò
scrivendo sull'insegna “Atelier fotografico Andrea de Castro e
figlia”.
Di norma il ritocco delle
foto apparteneva alla maestranza femminile, per la maggior parte
moglie e/o figlia del fotografo. Era un lavoro minuzioso, che veniva
svolto in punta di pennello (con pochissime setole) e con colori ad
acquarello.
AUGUSTO TOMINZ,
figlio del notissimo pittore Giuseppe, si dedicò anche alla
fotografia.
Ahimè, in principio la
fotografia viene vista come un arte minore, in quanto richiedeva
l'ausilio di mezzi meccanici, quindi i fotografi erano considerati
più dei tecnici che degli artisti.
Il primo vero fotografo
goriziano, che apre uno studio fotografico a Gorizia, ed è goriziano
doc, è FERDINANDO TROESTER. Prima era un'aiutante dei
fotografi, un garzone, poi si lanciò lui stesso.
Tutti i goriziani, di
tutte le fasce sociali, se volevano essere fotografati, dovevano
passare per forza da lui. C'erano due assistenti in studio, uno di
essi viaggiava nella provincia per raggiungere anche quelle persone
che non potevano venire in città. Troester fotografava anche nel
ghetto ebraico, pur essendo un protestante.
Opera per 13 anni, poi
torna sotto padrone, in tribunale a Gorizia, non si sa perché. La
sua attività viene rilevata da un suo dipendente, GIACOMO
BRESSAN.
Abbiamo il ritratto di
un'irredentista, un “podgoran”, che viene incarcerato a
Salisburgo e lì muore. Bressan lo fotografa e il suo ritratto gira
per la città dimostrando che nella Gorizia austro-ungarica erano già
presenti movimenti irredentisti.
Abbiamo anche una foto
con sette rappresentanti della “Clapa”, persone di varie
estrazioni sociali che erano irredentisti e volevano l'Italia. Questi
sette signori ripresi nel 1873 fecero una rappresentazione
garibaldina durante il ballo sociale. C'era un evento mascherato, con
presente una personalità aristocratica austriaca, e questi
personaggi si vestirono da garibaldini. Vennero incarcerati,
processati a Trieste, ma per breve tempo, però fu un evento che
rimase scolpito nella mente di goriziani. Nella foto sono ritratti
nell'Albergo Angelo d'Oro di via Favetti, dove erano soliti riunirsi.
MAREGA era un
fotografo che, a causa del suo lavoro e delle malattie che lo
colpivano, faceva anche l'insegnante di ballo. Chiese più volte al
comune sovvenzioni per il suo atelier fotografico.
NIGGL era famoso
soprattutto per le sue vedute. Egli operava sulle foto dei ritocchi
con tocchi di pennello, soprattutto per le signore, per eliminare le
rughe. Un antesignano del photoshop!
È a Niggl che si devono
le prime vedute della città. Tra le foto ci sono immagini di Borgo
Castello. Non era un luogo salubre all'epoca, non c'era un sistema
fognario, perciò quelli che vi vivevano erano persone di ceto basso.
Non era un luogo pulito e le case erano assiepate attorno al
castello. Era molto più densamente abitato di oggi. Da queste vedute
ci vengono resi edifici che si sono perduti. Per esempio, il castello
aveva la parvenza di una caserma, perché all'epoca veniva usato per
quello. Il Ridolfino era una casa di cura per persone abbienti, ora
scomparso.
Siamo all'epoca di
Gorizia “Nizza austriaca”.
L'Ugg nasce nel 1868 e
viene fotografato, come i suoi atleti, con le loro divise ritratte da
Niggl.
La clientela del
fotografo era filo-tedesca e austriaca. Col passare degli anni c'è
questa differenza culturale nella scelta dei fotografi.
Per esempio, la
popolazione slovena si rivolgeva al fotografo JERKIC'.
Egli è uno dei primi in
città a usare l'illuminazione elettrica. Egli era appassionato del
cinematografo. Quindi cercò di estendere la sua passione alla
cittadinanza. Il primo tentativo di cinematografo termina in un
incendio, perciò lui lo porta nel suo studio di Via Carducci, allora
chiamato Via dei Signori, ma rimarrà ad appannaggio delle persone
abbienti.
WEISS era
soprattutto fotografo di esterni e si specializzò in foto per
cartoline, business remunerativo nell'epoca. Venne cacciato dal suo
titolare, Jerkic', perché lavorava per se stesso, e allora Weiss si
mise in proprio.
LOUVIER trascorre
pochi anni a Gorizia. Aveva il proprio studio in Via Petrarca. Si
salivano le scale per raggiungerlo (cosa comune per molti atelier,
perché si praticavano aperture sui tetti per avere una luce migliore
per le foto, in mancanza di luce elettrica).
FLOECK pure rimane
pochi anni in città e pare il suo atelier in Corso Francesco
Giuseppe, luogo dove transitavano le persone abbienti, perciò una
via molto appetibile per i fotografi in generale.
Fu un fotografo
importante, anche perché nel 1900, quando venne l'imperatore, riuscì
a fare una serie di scatti che gli dettero fama. Quando si recò a
Vienna per continuare a esercitare il suo mestiere, entrò nelle
grazie dell'imperatore, e scattò una serie di foto intime della sua
famiglia, divenendo sempre più popolare.
C'erano anche fotografi
amatoriali. Naturalmente persone con possibilità economiche. Abbiamo
così numerosi scatti e album di foto anonime. Da qui si vede anche
l'esistenza della trenovia. Passava per Piazza Grande, ora Piazza
Vittoria. Apparteneva alla Società Goriziana Trenovia.
1860 Stazione ferroviaria
centrale
1906 Stazione ferroviaria
Transalpina
in più c'erano i tram
Insomma, a Gorizia
c'erano tanti mezzi di trasporto, segno che era una città molto
importante all'epoca.
A Gorizia arrivano dal
nord e dalla Slovenia e anche dall'Italia altri fotografi per mettere
a disposizione le loro capacità.
MAZZUCCO ebbe tre
atelier a Gorizia. All'inizio in Corso F. Giuseppe 32, vicino alla
Hofmann, e dopo in Corso Verdi 36 nell'edificio che è l'attuale
Oviesse. Dopo la guerra Mazzucco se ne va (perché italiano), quando
tornerà occuperà proprio l'atelier della Hoffman in Corso
F.Giuseppe 36.
E' un fotografo
professionista che ha accolto nel suo atelier un po' tutti, in base
alle aspettative del comittente. Era anche uno che sperimentava e un
attento osservatore delle innovazioni fotografiche internazionali.
Egli promuoveva anche il
diritto del fotografo di lavorare in modo da essere creativo,
un'artista. Certo doveva accontentare i cliente, ma voleva mettere
anche la sua impronta.
Tra le sue foto, spicca
quella della balia Berta di Gastone Obizzi (1905), perché ci
permette di vedere uno spaccato di storia. C'è molta umanità in
questa foto.
RESEN operò a
Gorizia per pochi anni, solo due. Abbiamo molte sue foto perché
fotografò tanto le famiglie, anche in momenti intimi. Prima lavorava
per la drogheria Cesciutti (per ben otto anni), una di quelle che
aveva i prodotti chimici per i fotografi. Stava in Piazza Grande 13 e
aveva un aiutante, AUGUSTO MAREGA, che poi lo sostituì.
La fotografia entra ora
in famiglia. La foto consente alla famiglia di dimostrare che ha
raggiunto un certo status sociale.
Resen dovette scappare a
un certo punto, perché fu una spia degli italiani.
STUROLO inizia la
sua attività nel 1909. fotografa la rappresentazione dell'Aida ai
Giardini pubblici.
Sua foto è anche quella
fascinosissima dello stendardo: una veduta di persone vicino a un
tram. Molti personaggi portano una coccarda bianca, ma non si sa a
quale manifestazione fa riferimento.
HELENE
HOFMANN:
ci sono state fotografe femmine a Gorizia, ma di solito
lo sono per eredità. Di Ermenegilda Emblemi non si sa molto.
Della Hofmann sappiamo
molto, invece. Non fu una semplice ritoccatrice di foto, lei nacque
in Baviera e a 17 anni già lavorava per un fotografo. Aveva una
grande tempra, carattere e personalità. Ha voluto fare la fotografa,
l'imprenditrice e ci è riuscita benissimo.
In Baviera lesse su un
giornale che a Gorizia c'era la possibilità di acquistare tutto ciò
che serviva per aprire un atelier. Si precipita qui nei primi del
Novecento. Assume un commesso di quattordici anni più giovane,
Eckler, che poi diventerà suo marito. Da quel momento in poi il suo
atelier si chiamerà Eckler-Hofmann. Lei continuerà a fare la
fotografa anche dopo la morte del marito, avvenuta in guerra.
A distanza di cento anni,
le sue foto sono talmente perfette che si mantengono nel tempo,
questo significa che aveva qualità fotografiche eccelse.
La foto del manifesto è
sua. La ragazza ritratta non si sa chi è, ma la foto mostra le
grandi capacità della fotografa. La ragazza è accarezzata dalla
luce, non colpita. Abito e cappello fanno pandan e si vedono in ogni
dettaglio. Nel fondo si intravede una tenda. Inquadra perfettamente
la ragazza e fa sì che spicchi.
Hofmann fu anche
crocerossina durante la guerra. C'è una sua foto dove indossa la
divisa. Volle documentare quanto la guerra stava ferendo la città
che l'ha accolta. Fece scatti che sono una testimonianza feroce degli
effetti della guerra.
La foto di
Michaelstaedter non è stata scattata da lei, ma solo ritoccata,
perché in quella originale era presente anche un suo amico.
Molto interessante questa mostra,spero di andarci!Ciaoooooooo
RispondiEliminaTi conviene, è davvero intensa!
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