Recensione: “Qui e ora – lettere – 2008/2011” di Paul Auster e J.M.Coetzee
Einaudi, 2014, 236 pp.
“La verità è che ho
faticato a trovare qualche replica pertinente alla tua osservazione
per cui il ruolo delle arti nella nostra vita interiore da fine anni
Settanta o inizio Ottanta sarebbe diminuito.
Fra gli approcci che ho
tentato, posso elencarti:
- un'analisi del capitalismo trionfante;
- la vittoria della cultura pop sulla cultura “alta”;
- il crollo del comunismo, e con esso dell'idealismo rivoluzionario, dell'idea che si possa reinventare la società;
- la morte del modernismo.
Forse sviscerando questi
temi si possono trovare delle risposte, ma io non ho trovato altro
che tristezza.
Però hai ragione. Se
n'è andato qualcosa che prima c'era. Non so se la causa di questa
perdita vada attribuita agli artisti stessi. Probabilmente ci sono in
gioco troppi fattori per accusare qualcuno in particolare. Del resto,
una cosa è sicura: la stupidità è aumentata su tutti i fronti. Se
leggiamo le lettere dei soldati della guerra di Secessione, molti di
loro si rivelano più colti, eloquenti e più sensibili alle
sfumature della lingua della maggioranza dei professori di inglese
oggi. Cattive scuole? Cattivi governi che permettono l'esistenza di
cattive scuole? O semplicemente troppe distrazioni, troppe luci al
neon, troppi schermi di computer, troppo rumore?
La mia unica consolazione
è che l'arte va avanti nonostante tutto. È un bisogno umano
incoercibile, e anche in questi tempi cupi c'è un'infinità di bravi
scrittori e artisti, e anche un certo numero di grandi scrittori e
artisti, e anche se il pubblico delle loro opere è diminuito, gli
amanti dell'arte e della letteratura sono sempre abbastanza numerosi
da farle restare degne di essere perseguite”. Paul Auster
Come riassunto per la
descrizione di questo epistolario non è male, vero?
Si potrebbe obiettare che
leggere la corrispondenza di un Premio Nobel per la Letteratura come
J.M.Coetzee e di uno dei migliori scrittori americani del
Postmodernismo come Paul Auster può produrre solo della buona
scrittura, riflessioni illuminanti e un grande schiaffo in faccia ai
loro detrattori (e ce ne sono, come per ogni scrittore). Invece
l'arrivo di questo libro tra le mie mani -era esposto in biblioteca
all'altezza dei miei occhi e con quelle due penne stilografiche in
copertina riluceva di un potere tutto suo- è stata un'autentica
benedizione. Scrivo lettere da quando ero una bambina, sono a mio
agio con questo mondo, eppure gli argomenti con cui si sono
confrontati questi due amici hanno un vibrante interesse nella mia
vita e, molto probabilmente, in quella della maggioranza di voi.
Penso che questo
epistolario possa piacere a ogni scrittore, perché parla di noi e a
noi, ma riesce anche a scuotere le coscienze di chi si occupa di
politica, rapporti umani, viaggi, ecc.
Io mi sono sentita “a
casa” e chiudere il libro è stato un atto doloroso, perché ho
percepito una forte malinconia. Possono interessarmi poco le
disquisizioni sulla situazione israeliano-palestinese, o gli effetti
a lungo termine di una serie di jet-lag collezionati in pochi mesi,
ma la mia anima si riempie di soddisfazione quando si scende nei
dettagli della meccanica della scrittura, oltre che della sua
ispirazione.
Perciò non posso
resistere oltre. Vado a caccia di altri epistolari illuminanti come
questo, iniziando proprio dal consiglio di Paul Auster: le lettere di
Heinrich von Kleist.
“So che si raccontano
molte sciocchezze romantiche sulla vita dello scrittore, sulla
disperazione di trovarsi di fronte alla pagina bianca, sull'angoscia
per l'ispirazione che non arriva, sugli incredibili – e
imprevedibili- attacchi di insonnia, di creazione febbrile, sul senso
di insicurezza che rode dentro e così via. Ma non sono del tutto
infondate, non ti pare? Scrivere è una questione di dare, dare,
dare, senza tregua”. J.M.Coetzee
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