Stanchezza (simil)cronica

E chi me l'avrebbe fatto entrare nella zucca che sarei arrivata, un giorno neanche troppo lontano della mia vita, a soffrire di una tale stanchezza? Ormai è passata una settimana da quando i termini “cotta”, “a pezzi” e “da rottamare” sono stati sostituiti da un “datemi un nuovo corpo, forte e temprato, nel quale trasferire il mio spirito”.

Sarà la primavera. Sarà mio figlio che, crescendo, richiede ogni giorno una percentuale maggiore di attenzioni e corse. Sarà che non mollo le mie passioni artistiche e artigianali, fatto sta che avverto una cappa di spossatezza come mai prima d'ora.

Chi mi sta vicino e mi fa clap clap sulla spalla mi dice di consolarmi: “D'altro canto, un figlio non l'avevi prima...” come a suggerirmi di lasciar perdere almeno una parte dei miei interessi. E chi glielo spiega a queste care persone che ho già lasciato alle spalle diversi hobby e porto avanti l'essenziale? Che poi per un vulcano creativo come me l'essenziale sia costituito da quattro, cinque attività quotidiane è un'altra storia...

A scuola di merletto ne parlavo giusto con la mia maestra, che mi capisce come poche:

“Ammiro e invidio chi ha una sola passione artistica. Una! E dedica a essa tutto il suo tempo libero”.

Lei mi guarda sorridendo:

“Per me è impossibile. Ci ho provato, ma proprio mentre sono tutta presa da un'attività ecco che subentra un'idea per un progetto nuovo riguardante tutt'altro lavoro”.

Ecco, appunto. Cosa farne di tutte le ispirazioni che pullulano nella mia testa? Sono troppe e non riesco a svilupparle tutte perché mi ci vorrebbero troppe ore libere al giorno per riuscirci, oppure una crew che mi aiuti, come la Factory di Lady Gaga. Sviluppo solo lo stretto indispensabile e già così è troppo, già così arrivo a sera spossata.

Almeno ci sei tu, che con uno sguardo riattivi questa macchina biologica e la sproni a non cedere:

 


Damon, il mio amore, il mio piccolo grande circolo vizioso di stanchezza-ricarica!

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