Recensione: “Attraversare i muri – un'autobiografia” di Marina Abramovic'



Bompiani, pp. 411

Ho corteggiato a lungo questo libro, e l'ho messo in cima all'altissima pila di tomi da leggere con la scusa che “mi serve per il romanzo che sto scrivendo”.

La verità è che morivo dalla voglia di affondarci i denti, un desiderio quasi morboso. Da quando, qualche anno fa, acquistai il dvd Real Cinema di Feltrinelli “The artist is present” che presentava la performance artistica di Abramovic' più famosa -rimaneva al MOMA di New York per tre mesi seduta su una sedia durante durante le otto ore di apertura e guardava silenziosamente il viso di chi si sedeva di fronte a lei- è stato amore. Poi ho scoperto “Balkan epic” e l'ho consacrata come artista tra le più amate. È naturale che ambissi a saperne di più e cosa c'era di meglio di un'autobiografia?

Qui Abramovic' seziona la sua vita fin dalla primissima infanzia, anzi, risale ancora più indietro, narrando parte della storia della Jugoslavia, perché i genitori erano entrambi partigiani eroi di guerra e plurimedagliati da Tito in persona. Avevano combattuto contro i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, salvando decine di vite e rischiando di morire diverse volte. Le loro capacità di sopravvivenza erano dovute a un carattere d'acciaio, benché arrivassero da famiglie di estrazione sociale diversa: il padre Vojin era di provenienza umile, mentre la madre Danica discendeva da ricchissimi mercanti jugoslavi e lo zio paterno era niente meno che uno dei più famosi patriarchi della Chiesa Serba Ortodossa di fine Ottocento, ammazzato insieme ai fratelli a una cena, voluta dal re jugoslavo, con polvere di diamante mescolata con la minestra. Sembra un romanzo a sé, invece era vita. E morte. Vojin e Danica avevano personalità diverse ma complementari, fino a un certo punto, perché il primo rovinò il matrimonio a causa della lunga carriera da sciupafemmine. Marina e il fratello Velimir crebbero in uno stato di costante tensione familiare, dove i litigi erano all'ordine del giorno, così come le percosse e le incursioni in camera per accertarsi che tutto fosse lindo e in ordine. Marina finì in ospedale diverse volte a causa delle botte della madre e della zia, ma allora era considerato “normale” e una dettaglio che stupisce molto il lettore è non riuscire a trovare piagnucolii della scrivente, tra le righe. Di solito ci si rammarica per un'infanzia simile, invece Abramovic' ha usato ogni singolo elemento della sua infanzia e adolescenza come carburante per le sue opere. La resistenza al dolore, la capacità di aspettare, la pazienza, tutto è stato convogliato nella performing art e non stupisce che è proprio grazie a quell'educazione ferrea, che Abramovic' è diventata Abramovic'.

Ad accrescere le sue straordinarie capacità artistiche sono stati i viaggi. Lunghi soggiorni tra i monaci tibetani, i nativi australiani e brasiliani, sempre alla ricerca dell'essenza della vita e del segreto per attraversarla nel modo migliore, sebbene i demoni dell'artista non siano mai stati del tutto esorcizzati, altrimenti sarebbe stata probabilmente incapace di trasmettere dolore, violenza, senso del limite e dell'infinito attraverso le sue opere.

Nel libro ci sono le spiegazioni di tutte le performance che ha realizzato, dal loro stato embrionale alle loro innumerevoli ripetizioni nei musei del mondo. C'è l'amore, soprattutto quello per Ulay, artista tedesco con cui condivise 12 anni di arte e vita e con Paolo Canevari, artista romano, con cui ne trascorse altri 12, sposandolo. Abramovic' non ha mai voluto figli, cosciente del fatto che avrebbero rallentato la sua capacità artistica e creativa, ma a fine biografia ammette che il desiderio di averne giunse con Canevari, solo che era troppo tardi pretenderlo dal proprio corpo.


Consiglio la lettura di questo libro a tutti, perché c'è molto da imparare dall'artista e perché c'è un universo al suo interno: saggezza balcanica, tibetana, brasiliana, australiana, storia, spirito, Arte. Inoltre ha un pregio importante: prima di terminare la sua lettura guardavo all'artista come a una Dea incarnata. Mi sembravano impossibili le vette che aveva raggiunto, invece dopo ho compreso che è umana come tutti noi, ma non per questo meno capace, tutt'altro. Abramovic' ci dimostra come si possa diventare grandi, non solo interiormente, ma anche nel proprio mestiere, pur partendo da una base difficile, se non impossibile. Lei ci è riuscita con le sue forze e nella prefazione incita tutti i lettori a fare altrettanto.

Commenti

  1. Grazie Nat per questa interessante recensione =)
    La Abramovic è un'artista che mi incuriosisce un sacco e che ho potuto in minima parte conoscere durante i miei ultimi studi =)

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    1. Conoscendoti so che la sua autobiografia ti ispirerebbe tantissimo!

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  2. Mi hai incuriosita... mi toccherà acquistarlo. Apro e chiudo una parentesi: i viaggi ti cambiano, sempre, la vita, quanto l'incontro di altre culture diverse... :)

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