L'estate e il corpo

Fin dalle scuole superiori ho ammirato la frase latina Mens sana in corpore sano, come una delle grandi verità dell'uomo. Tuttavia sappiamo quanto sia difficile trovare del tempo libero da dedicare a un'attività fisica, in mezzo a passioni personali, lavoro, casa, amore e amicizie. A meno che non si sia degli sportivi, infatti, la citazione latina rimane una remota oasi nella nostra esistenza, qualcosa che sappiamo ci farebbe stare molto bene, ma che non riusciamo a raggiungere.
E allora una soluzione è giocare d'astuzia, coinvolgere altre persone, fissare degli appuntamenti impossibili da depennare dall'agenda, pena la delusione di una persona cara.
È stato così che sabato ho invitato una mia entusiasta nipote a giocare al parco. Ci siamo perse per ore in mezzo al verde, tra tornei di pallavolo, badminton e arrampicate sugli alberi. E l'indomani mi sono fatta trascinare da mio marito a salire sul nostro nuovo kajak e pagaiare per ore in mare.
Insomma, in due giorni ho avuto l'idea geniale di partecipare a questi due meeting sportivi piuttosto intensivi. Risultato? Mi sento uno zombie, con gli arti penzoloni e la mente annebbiata. Eppure questo non è che l'effetto iniziale. So già che presto sarò come nuova: i muscoli si saranno ingrossati, la schiena raddrizzata, il fiato migliorerà e la mente sarà più concentrata, aperta.
Nel frattempo medito sulle due giornate, che sono state così intense e ricche, perché con il kajak ho raggiunto per la prima volta nella mia vita l'isola di Barbana, sita nella laguna di Grado. E ci sono arrivata pagaiando: l'ho conquistata!

Molti mi prendono per matta quando spiego che preferisco il kajak alla barca a motore. Nell'ultimo caso si compie un viaggio passivo, non attivo come quando si rema. Pagaiare, infatti, è uno sforzo non da poco, soprattutto quando lo si fa per delle ore di fila, ma sapete, il tempo in mezzo al mare è diverso rispetto a quella della terra ferma. Bisognerebbe ricordare sempre che il tempo, in generale, è qualcosa che è stato inventato dall'uomo per il suoi scopi personali. Perciò non deve sembrare così strano che in mezzo all'acqua due ore volino in un batter di ciglia. Senza considerare che, anche nelle ore più calde si sta al fresco, grazie alla brezza marina e agli spruzzi dell'acqua. Durante il tragitto ho visto pesci saltare fuori dall'acqua, gabbiani volare in coppia, gattini giocare sui moli delle isolette dei pescatori. Una meraviglia dietro all'altra, un susseguirsi di visioni rilassanti, divertenti ed estatiche che rendono le remate meno ardue. E poi Barbana...


Oggi l'isola è la sede di un santuario mariano, ma in epoca romana ospitava un tempio di Apollo Beleno -perciò due divinità, quella greco-romana e quella celtica- e, probabilmente, era un'area destinata alla quarantena del vicino porto di Aquileia.
Si estende su circa tre ettari e dista circa cinque chilometri da Grado. È abitata da una comunità di frati minori francescani.
Qui giungono molti pellegrini ogni giorno e il raduno più famoso si chiama "Perdòn di Barbana", che si svolge ogni anno nella prima domenica di luglio e prevede una processione di barche imbandierate in laguna da Grado a Barbana. La processione inizia di primo mattino ed è guidata dalla "Battella", l'imbarcazione che trasporta la statua della Madonna degli Angeli custodita nella basilica di Grado. L'origine del pellegrinaggio risale a un voto fatto dalla comunità gradese in seguito alla pestilenza del 1237.


Ho trovato questo luogo, turisti e pellegrini a parte, molto distensivo, un luogo fresco e accogliente dove pranzare con tanto gusto, soprattutto dopo una simile fatica:


Noi siamo partiti in kajak dall'isolotto Le Cove e siamo arrivati fino all'isola, quindi, dopo un pranzo al sacco, siamo tornati indietro. Alla fine abbiamo impiegato meno di un'ora per ciascuna traversata, ma è stata dura, lo devo ammettere!

Quando siamo tornati “alla base”, ci siamo riposati sono enormi pini marittimi, tra il frinire delle cicale e lame di luce che venivano e andavano, a seconda dell'andamento dei rami e delle foglie, sipari sotto il cielo. La fatica è stata compensata dal risposo e dal placido rumore delle onde che si infrangevano contro il molo.

Pensandoci bene, queste traversate, benché ardue, sono state anche un vero piacere: riprendere contatto con il proprio corpo, sfidarlo, portarlo al limite e poi concedergli una tregua.
Siamo spiriti calati in involucri di pelle, muscoli e ossa. È giusto e appagante nutrire e rendere giustizia a entrambi.



Commenti

Post popolari in questo blog

Recensione: “Sangue impuro” di Borislav Stankovic'

Recensione: “Scandalose” di Cristina de Stefano