Strani collegamenti... o, forse, semplicemente perfetti!

Sono a casa da due giorni, convalescente, con la prescrizione medica precisa di stare stesa o al massimo seduta sul letto o sul divano, senza fare sforzi.

Chi mi conosce, sa bene quanto io sia iper-attiva. Eppure, in questa precosa circostanza, ho accettato tutto quello che mi è stato detto, perché c'è qualcuno di molto più importante di me, di cui mi devo occupare in questo momento e spero tanto che sia così per tutta la vita.

Però se il corpo non può muoversi, non è detto che mente e spirito non possano farlo! Perciò già diversi giorni prima mi sono attrezzata a dovere, preparandomi studi, letture, film e serie tv da divorare al momento opportuno.

Ed ecco cosa ne è saltato fuori, tra le altre cose.

Dovete sapere che, nonostante le mie ottanta letture annuali, mi sentivo male al pensiero di non essere mai riuscita a portare a compimento la lettura del Premio-Nobel-per-la-Letteratura-Ivo-Andric'-Il-ponte-sulla-Drina.
Vada per il primo tentativo (avevo solo 8 anni), ma la seconda volta ero ventenne e vaccinata. Niente da fare, oltre alla settantesima pagina non riuscivo ad andare.
Stavolta, a 34 anni mi sono rimessa lì, di buzzo buono e ci sono riuscita!
Anzitutto credo di avere intuito perché mi arenavo attorno a quella pagina: non riuscivo a passare oltre alla descrizione dettagliata di un impalamento. In effetti a 8 anni è razionalmente difficile da affrontare e a vent'anni, beh, pure. Adesso invece sembra che mi sia fatta le ossa e sono riuscita ad affrontare questa inaudita violenza praticata dagli ottomani in Bosnia (e molti altri popoli del mondo), scoprendone addirittura dei dettagli di cui non ero a conoscenza.
Ma ovviamente il romanzo NON verte sulla violenza tout court. Anzi, è un insieme di storie molto interessanti, che ruotano attorno al ponte sul fiume Drina del paesino di Višegrad, costruito nel XVII secolo da un membro dell'alta società ottomana il cui cognome di nascita era Sokolovic', pertanto niente di meno che uno di quei milioni di ragazzi cristiani che venivano prelevati dai loro villaggi in tenera età per andare a ingrossare le fila dell'esercito, dell'amministrazione e della cultura ottomani.
Ci sono ben quattrocento anni di storia e decine e decine di personaggi in questo romanzo.
A voler essere profondamente sincera, non so quanto possa interessare un non-slavo o un non-filo-slavo, tuttavia ci sono degli elementi di riflessioni universali.
Il più importante di tutti?
Il ponte sulla Drina rappresenta la metafora di una costruzione architettonica voluta da una mente visionaria e malinconica che è servito a milioni di persone, che ha fatto sognare innamorati, cantare poeti e riflettere religiosi e giovani neo-politici che si sedevano sul suo “sofà”; ma soprattutto rappresenta la Vita.
Signori e signore, non siamo che microscopiche spore in questo mondo, dire che siamo di passaggio è un eufemismo. Le grandi costruzioni architettoniche degli antichi sono lì da molto, molto più tempo di noi per insegnarci che non bisogna disperare, che tutto scorre sotto quei ponti, sopra quei cieli e che il meglio che possiamo fare delle nostre vite è viverle pienamente, nel miglior modo possibile e in quello più degno.
Ecco.
Forse per questo è un romanzo da Nobel.


"A coloro che si vantavano della velocità con la quale riuscivano a compiere i loro affari e calcolavano quanto veniva risparmiato in tempo, sforzo e denaro, egli rispondeva malevolmente che non importa quanto tempo risparmi un uomo, importa invece che cosa fa con quel tempo risparmiato; se lo impiega male, meglio sarebbe che non lo avesse.
Spiegava inoltre che la questione fondamentale non consisteva nell'andare in fretta, ma bisognava considerare dove si andava e per quale faccenda, e che pertanto la velocità non rappresentava sempre un vantaggio.
"Se devi andare all'inferno, è meglio che tu vada piano"".

“Non è infatti il desiderio umano quello che dispone e dirige le cose del mondo. Il desiderio è come il vento che sposta la polvere da un punto all'altro; talvolta, per mezzo di essa, ottenebra l'intero orizzonte, ma alla fine si placa e cade e lascia inalterato l'antico ed eterno aspetto del mondo. Sulla terra, le opere durevoli si fanno per volontà divina, di cui l'uomo è solo un cieco e umile strumento. L'opera che nasce dal desiderio, dal desiderio umano, o non sopravvive al compimento o non è durevole”.

“Così trascorre per loro la notte, e insieme con essa la vita, piena di pericolo e di pene, ma limpida, incrollabile e dritta. Guidati da antichi istinti ereditari, la scindono e la dividono in momentanee impressioni e in immediate necessità, sperdendosi completamente in esse. Soltanto così, infatti, vivendo ciascun istante separatamente e non guardando né avanti né indietro, una vita come questa può essere sopportata, e l'uomo può conservarsi per giorni migliori”.

Oltre alla lettura, la mia migliore amica Tania mi ha mandato i dvd della sesta stagione di una delle mie serie televisive preferite: “Bones”. Tratto dalle vicende letterarie dei romanzi di Kathy Reichs, racconta le vicende dell'anatomopatologa forense Temperance “Bones” Brennan e del suo partner di lavoro, il detective dell'FBI Seeley Booth.


Cosa amo di questo programma? Tutti i personaggi. Dal primo all'ultimo. Adoro le “uscite” culturali, antropologiche, storiche e politiche che fanno, tutte legate al mondo reale e che insegnano tanto. E amo profondamente Temperance, una scienziata estremamente razionale, talvolta così legata alla logica da non riuscire nemmeno a capire una battuta, perché prende tutto letteralmente.

Penso a una delle motivazioni per cui la scrittrice turca Elif Shafak ha scritto un libro tanto importante per le donne come “Latte nero -storia di una madre che non si sente abbastanza”, Rizzoli.


Una delle sue teorie, appunto, è che noi donne conteniamo dentro di noi tante piccole Elif, Temperance e Nataše. Ognuna di noi ha, per esempio, una parte razionale, una piena di fantasia, una creativa, una ottimista, una spirituale e così via. Naturalmente per ciascuna di noi è diverso. La cosa migliore che una donna può fare è non combattere con nessuna di queste sue componenti interiori ma, al contrario, armonizzarle dentro di sé attraverso l'ascolto, ponderando quello che hanno da dire. Sono, in ultima analisi, diversi punti di vista, diverse sfaccettature del nostro Io o Anima. E allora ascoltarle ci fa stare bene, ci sprona a prendere la decisione migliore.

Ecco, in questo momento della mia vita, la piccola Temperance “Bones” che è in me mi dice di stare calma, che a livello logico e medico ogni cosa sta andando nel modo migliore e che i prossimi 20 giorni, che mi separano dai risultati clinici, potranno passare velocemente se mi rimbocco le maniche tenendo la testa impegnata nelle mie attività di sempre. Che non c'è ragione per angustiarsi, per sfasciarsi la testa. Che devo fare un passo alla volta, senza dimenticarmi di respirare e arriverò al traguardo integra e in forze.

Insomma, è un po' come la penso io: non importa da quali pene sei afflitta, perché i problemi ci sono e ci saranno sempre. Ciò che importa è come tu decidi di affrontarli. E' questo a fare tutta la differenza.

Commenti

  1. Il ponte sulla Drina lo lessi tantissimi anni fa e fui anch'io colpita da quelle pagine così descrittive di fatti così lontani dalla nostra mentalità attuale, ma mi fece pensare e ponderare sui diversi punti di vista e ciò me lo fece apprezzare. Mi è piaciuto ricordarlo attraverso il tuo articolo. Di "Bones" non so nulla. Dimenticavo di dirti che io faccio il merletto ad ago ed ho un blog.
    Segui la prescrizione medica e sii fiduciosa.
    Un abbraccio
    Ombretta

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    Risposte
    1. E' incredibile come tutti si sconvolgano proprio su quel punto, Ombretta, però sono contenta che un'italiana doc abbia tratto da questa lettura una tale ricchezza.
      Quando ho letto che lavori con il merletto ad ago sono quasi caduta dalla sedia! Qual'è il link del tuo blog? Così volo ad ammirare i tuoi lavori!

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  2. Il link del mio blog http://www.ombrettapanese.it/
    Ancora un abbraccio
    Ombretta

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