Recensione: “Sangue impuro” di Borislav Stankovic'
Zanichelli, 1928, 239 pp.
In questa recensione non
voglio presentare la copertina del libro del romanzo. Non perché non
possa farlo: qui, alla destra del mio laptop c'è la copia che ho
letto. Ho deciso di ometterla per far sentire al lettore la
privazione che io stessa ho provato per ben vent'anni. Venti anni
corrispondono, infatti, al tempo che ho impiegato per riuscire a
trovare una copia di “Sangue impuro”.
Ben inteso, esiste
internet. E nell'era tecnologica nella quale viviamo, avrei potuto
scaricarmelo in qualunque formato da caricare sul mio e-reader. Senza
contare che in qualsiasi libreria serba possiedono una copia di
“Nećista
krv”. Tuttavia, in questo ultimo caso, si tratta di copie stampate
in cirillico e, benché io sappia leggere questi caratteri slavi
serbi, lo faccio come un'alunna delle elementari, con una lentezza
sfibrante per l'avidità che nutro nei riguardi di questa storia.
Perciò
ho cercato e ricercato per anni nelle librerie italiane questa opera,
sapendo che era stata tradotta da Bietti e da Zanichelli nei primi
del Novecento. E' stato tutto inutile. Nemmeno i miei potenti mezzi
sono riusciti a scovarlo e così, alla fine, ho deciso di andare in
biblioteca e ordinarlo. Già, anche lì ci è voluto un prestito
interbibliotecario, perché la copia presente in sede, essendo più
vecchia di settant'anni, era disponibile solo per la consultazione.
Ma perché tutto questo
“cine”, come diciamo a Gorizia? Perché dannarmi tanto l'anima
per il romanzo di un semi-sconosciuto? Anzitutto perché rappresenta,
in verità, un capolavoro della letteratura serba del Novecento. E
poi perché la storia apre il sipario su una realtà sociale
contadinesca di cui nessuno pare ricordare l'esistenza: lo
Snočačestvo.
Qui cito Elis Gasparini, autore del monumentale saggio etnografico
“Matriarcato slavo”, Firenze Universitiy Press:
“Lo
Snočačestvo:
la tradizione slava (serba, bulgara, russa) per cui la nuora sposata
e un marito impubere (per ragioni economiche/manodopera) o di un
adulto via di casa da tanto tempo, può essere reclamata sessualmente
dal suocero e anche figliare. E' anche alla base di un altro romanzo
serbo “Nož” di Vuk
Drašković.
La
tradizione e considerata quasi meritoria, benché non la si gridi ai
quattro venti. Il suocero “ne
smatra
za grehotu”(non la considera un peccato), perché egli non è con
la nuora in parentela di sangue e, nel diritto slavo, la nuora
appartiene a un altro clan (quello di origine), perciò nemmeno dopo
le nozze viene considerata come appartenente alla famiglia del
marito. Dal punto di vista sessuale, insomma, lei resta una
straniera”.
Dopo
questa lunga introduzione veniamo dunque alla trama del romanzo. Vi
avviso che svelerò tutto, perciò se siete intenzionati a leggerlo,
magari scaricandiki, siete avvisati.
Sofia
è l'unica figlia di Efendi-Mita, ricco proprietario terriero di
Vranje, all'epoca dei fatti paese dell'Impero Ottomano, oggi Serbia.
Efendi-Mita non deve tanta ricchezza al proprio lavoro e all'oculata
amministrazione delle terre in suo possesso, bensì alla bravura dei
suoi antenati. Infatti egli è capace, nel corso della sua esistenza,
di dilapidare tutto quanto, riducendo la moglie Todora e la figlia
nella miseria e costringendo Sofia a sposare il dodicenne Tomcia,
figlio di Mario, un contadino arricchito i cui costumi e le cui
origini sono più tipici di una tribù, che di una famiglia allargata
contadina.
Sofia
arriva così all'età di ventisei anni senza marito per poi sposare
un ragazzo col quale non avrà alcun tipo di rapporto coniugale per
chissà quanto tempo. Uno smacco non da poco per una ragazza
cresciuta tra gli agi, ammirata e venerata da tutti, tanto da credere
da essere così speciale e unica da non poter appartenere a nessuno,
eccetto che a se stessa, poiché non può esistere al mondo un uomo
tanto importante, bello e ricco da meritarla. In effetti, proprio in
conseguenza a questo suo pensiero, Sofia accetta lo sposalizio quasi
senza colpo ferire. Il padre, ormai, è un'ultrasessantenne che finge
di essere ancora benestante, ma che una notte si spoglia davanti a
lei, rimanendo solo nella pesante biancheria invernale, e le mostra
in che condizioni è ridotto, ricoperto di cenci e indumenti lisi e
sudici. Sofia quasi non riesce a credere ai suoi occhi e acconsente
al matrimonio forse anche per scappare da tanto orrore e abbracciare
la ricchezza che le viene offerta. Suo suocero Mario, infatti, la
adula e non fa che ricoprirla d'oro.
Le
nozze hanno luogo presso la semplice dimora di Mario, mentre sua
moglie, pazza di gioia e incredula che in casa arrivi una fanciulla
di tale bellezza e di alto lignaggio, non fa che correre da una parte
alla casa per servire le centinaia di ospiti. La festa dura tre
giorni e tre notti e proseguirebbe anche di più se gli ospiti,
stanchi di gozzovigliare e perdersi nei piaceri di tutti i sensi, non
scappassero letteralmente di casa.
Le
ultime ore della festa sono contraddistinte dal timore crescente di
Sofia. Teme che Mario chieda diritto di lei già quella sera stessa.
Invece il suo nuovo babbo è ubriaco e di malumore e rinchiude la
moglie nella loro camera da letto per urlare e inveire contro di lei.
Egli è schiavo della paranoia, si domanda quali siano stati i
trascorsi del loro primo periodo matrimoniale. Tomcia è suo figlio,
oppure è suo fratello e la moglie è stata reclamata dal proprio
padre? Pazzo di gelosia e di tormenti, prende il cavallo e fugge di
casa, per venire ritrovato morto qualche tempo dopo. Si era diretto
presso un amico d'infanzia, un turco col quale è in corso una lunga
faida, mai sopita. Insomma, una sorta di suicidio.
La
notizia raggiunge Sofia, la suocera e il piccolo Tomcia senza
cambiare molto della loro routine quotidiana. Sofia, infatti, pare
rinata nella nuova dimora dove, proprio grazie alla nuova famiglia,
gestisce ogni cosa, ogni progetto, ogni lavoro. Tutti l'adorano,
ancora increduli di avere tanta beltà e virtù in casa. Tomcia
cresce stregato dalla bellezza della moglie, che ne fa un giovanotto
bello, forte e dai modi impeccabili. I due sposi arrivano quasi al
momento di consumare il loro matrimonio quando nel loro idillio
irrompe Efendi-Mita. Furibondo per essere stato “abbandonato”,
urla al giovane Tomcia che non erano questi i patti che aveva preso
con Mario, che si aspettava denari e ricchezza da quel matrimonio,
altrimenti mai e poi mai avrebbe lasciato la sua Sofia in mano a dei
tangheri, a dei contadinotti come loro.
È
la fine di tutto. Tomcia a stento trattiene la furia omicida.
Consegna al suocero sacchi pieni d'oro e denaro e poi sfoga sulla
moglie tutta l'umiliazione e la vergogna subite. Da quel momento,
Tomcia diventa l'ombra di se stesso, un diavolo incarnato. Stupra la
moglie e ogni donna che gli si para davanti. Umilia e ferisce Sofia
in ogni modo. La suocera prega la nuora di scappare, ma Sofia è
preda del senso di colpa per quanto ha fatto suo padre e accetta il
destino che le si profila davanti con passività e in silenzio.
La
troviamo, alla fine del romanzo, che prepara da mangiare in cucina,
magrissima, invecchiata precocemente, piena di lividi, con la camicia
unta, lisa, un nugolo di bambini cenciosi e tutti pelle e ossa di cui
non si occupa minimamente. Se i vicini la chiamano, lei prende il
caffè assieme a loro, aiuta le donne a sbrogliare i fili contorti
dei telai, per poi tornare in silenzio a casa sua, in attesa del
ritorno del violento Tomcia.
Questo
romanzo volle essere un affresco delle terribili condizioni della
donna slava nel Novecento.
Per
me è stata una lettura importante, fondamentale, che mi ha concesso
di conoscere molto dei costumi della decadenza patriarcale della
società slava. Certo è stato anche un pugno alla stomaco, ma volevo
conoscere tutto questo e l'ho fatto.
Cara Nataša,
RispondiEliminaIl tuo blog e' in italiano, quindi ti scrivo in questa lingua. Anch'io sto cercando di procurarmi "Sangue impuro", sia nella versione del '28 che in quella del '30. La biblioteca del Dipartimento di Italianistica di Belgrado non possiede piu' il libro (edizione '30), anche se l'opera figura nel catalogo; neanche la Biblioteca Nazionale di Belgrado ha una copia dell'opera, pur presente nel suo catalogo, ma come "desiderata" (cioe', ancora da acquistare). Per l'edizione del '28 potrei arrangiarmi con un collega di Trieste, perche' avrebbero il libro in una biblioteca locale. Per l'edizione del '30, ci sarebbe una copia a Frosinone, forse riesco ad arrangiarmi con una collega che attualmente e' a Napoli, magari riesce a procurarlo tramite qualche studente originario di Frosinone. Nel caso tu abbia "Sangue impuro" in una versione digitale (pdf o altro), mi faresti un grandissimo favore a mandarmelo. Infatti sto mettendo su, insieme agli studenti di italiano di Belgrado, una biblioteca elettronica, un corpus di testi paralleli contenenti opere in prosa serbe e le rispettive traduzioni in italiano. Entro la fine del semestre (giugno 2015) dovremmo avere una settantina di opere, digitalizzate e parallelizzate, pronte per ogni sorta di ricerche linguistiche. Abbiamo Andric, Kis, Selimovic, Albahari, Gatalica ecc. Spero di poter rendere disponibile online questo corpus in un futuro vicino, corredato di un programma di interrogazione, il tutto conformemente alle norme sui diritti d'autore. Se hai la possibilita' di darmi una mano, fammelo sapere!
Un caro saluto da Belgrado!
Saša Moderc
Dipartimento di Italianistica
Facolta' di Filologia
smoderc@fil.bg.ac.rs
Caro Saša,
RispondiEliminami fa in parte piacere scoprire che non sono stata l'unica a riscontrare tanti problemi nel trovare una copia di questo romanzo! D'altra parte mi dispiace perché trovo che sia una lettura da divulgare il più possibile, per diverse ragioni.
Purtroppo io non sono in possesso di una copia digitale del libro, ma a suo tempo l'avevo trovata sia su Ibs (http://www.ibs.it/ebook/stankovic-boris/sangue-impuro/9788857415208.html), sia su amazon.it, perciò chiunque di voi nel dipartimento abbia voglia di usare una carta di credito per scaricare il file (in diversi formati), potrà farlo. E' questione di pochi minuti.
Se troverai delle difficoltà nell'operazione fammelo sapere, ti aiuterò con piacere. La mia e-mail è balkanica79@gmail.com
Buona fortuna,
Nataša
Il libro del '28 lo potete trovare in vetrina nella Casa-museo Borisav Stanković a Vranje. L'ho visto in maggio di quest'anno.
RispondiEliminaGrazie per il tuo contributo.
EliminaCara Nataša, caro/a "gadgo mor", grazie a colleghi che vivono o vanno frequentemente in Italia sono riuscito finalmente a procurare (da Trieste e da Torino) le versioni del 1928 e del 1930. Le ho scannerizzate e convertite in word, parallelizzando il testo serbo e il testo italiano (le due traduzioni sono praticamente una, le parti riviste sono pochissime). Ora potro' analizzare le due versioni e cercare di capire per quale motivo Urbani avesse cambiato editore riproponendo un testo quasi invariato a distanza di soli due anni. Il testo che mi hai segnalato e' una nuova traduzione, procurarla non sara' un problema, ho anche un lettore kindle per l'occasione.
RispondiEliminaGrazie per la gentile risposta e chiedo scusa se tardo tantissimo con la mia. Ma non tutti i mali o tutte le sviste vengono per nuocere, quindi colgo la data e l'occasione per augurare a te e a "gadgo mor" un felice Anno Nuovo e ogni bene nel 2016.
Saša Moderc, Belgrado
Sarebbe interessante leggere anche altre traduzioni, perché quella che ho avuto io tra le mani mi è rimasta incisa nel cuore.
EliminaBuon Anno!