Recensione: “Le medichesse” di Erika Maderna
Aboca, 2012, 140 pp.
Questo libro, edito da
Aboca, che oltre a essere l'azienda di una serie di prodotti
erboristici sublimi, ha anche aperto le porte ad autrici validissime
come l'archeologa Erika Maderna.
Narra le vicende di
quelle tante (ma non tutte) donne che, dagli albori della storia
dell'umanità, si sono prese cura del prossimo. Dalle famose
Ildegarda di Bingen e Trotula de Ruggiero, alle meno note Agnodice e
Metrodora. Che fossero badesse, nobili, imperatrici, principesse o
umili esecutrici senza nome, qui troviamo un'ampia sfilata di donne
davvero speciali, capaci di sfidare le regole e le leggi giuridiche e
religiose della loro epoca, pur di rimanere fedeli a se stesse e
prendersi cura dei malati, delle partorienti o, semplicemente,
condurre ricerche di medicina, cosmetica e alchimia.
Ho scoperto che
l'alchimia è stata creata dalle donne e che gli strumenti alchemici
(perché non ci sono arrivata da sola?) provengono direttamente dalla
cucina, così come molti dei procedimenti di cottura. Un esempio su
tutti? Bagnomaria deriva da balneum mariae, il metodo di
cottura creato dall'alchimista ebrea Maria la Profetessa (I-III sec.
d.C.).
Insomma, qui c'è molto
da imparare e da inorgoglirsi, perché si sa, la società patriarcale
ha fatto tanto per reprimere e rimpicciolire il ruolo delle donne,
sia nel mondo sociale e lavorativo che in quello privato e intimo
della casa.
Un estratto dell'inizio:
“Fin da tempi molto
antichi il primato femminile sulle conoscenze erboristiche si fondava
sullo schema di una naturale e condivisa distribuzione delle sfere di
competenza tra il mondo maschile e quello muliebre. Questa ottica era
corroborata dall'esistenza di mitologie e cosmogonie che consegnavano
il dominio degli elementi naturali nelle mani delle dee, elette
depositarie delle leggi segrete della generazione.
Il culto della dea madre
ha permeato l'intera area mediterranea fino all'Indo a partire dal
Paleolitico, e ha dominato tutta l'epoca neolitica resistendo, in
alcuni casi, fino alle soglie dell'Età del Bronzo, e agendo in modo
fondamentale sull'incubazione delle strutture sociali e religiose
anche successive. Questa divinità arcaica e ancestrale racchiudeva
in sé tutti i simboli legati al mondo naturale, animale e vegetale,
e tutti gli schemi ciclici, trasformativi e rigenerativi che
regolavano la vita. È conosciuta con il nome di Potnia, che
significa Signora, Sovrana, Dominatrice, ma anche Augusta, Veneranda.
Il suo era un patronato
pressoché incontrastato e universale, che essa controllava
moltiplicandosi nelle differenti forme che di volta in volta la
identificavano come Signora delle Fiere, Signora dei Serpenti, o
attraverso le altre incarnazioni metamorfiche delle sfaccettature del
mondo vivente”.
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