Recensione de “Il risveglio della signorina Prim” di Natalia Sanmartin Fenollera e... Self-Portrait molto grafico


Mondadori, 2014, 255 pp.

Ho appena terminato di leggere questo prezioso romanzo e già fremevo per scriverne la recensione.
Da diversi mesi non mi capitava tra le mani una trama semplice, in stile ottocentesco, una scrittura femminile così universale e pregna del senso della vita, dell'amore e del tempo.

La vicenda è molto semplice: una bibliotecaria si presenta nel piccolo paese di Sant'Ireneo di Arnois per tentare la sorte. Vuole provare a ottenere un posto di lavoro, ma forse, più che il lavoro in sé, ad averla attirata è stata la bizzarria dell'annuncio di lavoro:

Cercasi spirito muliebre assolutamente non sottomesso al mondo. In grado di fare la bibliotecaria per un gentiluomo e i suoi libri. Abitudine alla convivenza con cani e bambini. Meglio senza esperienza lavorativa. Astenersi se in possesso di laurea e diplomi post lauream.

Ecco, la signorina Prudencia Prim corrisponde esattamente all'opposto di quello che il suo improbabile datore di lavoro cerca in uno “spirito muliebre”, ma viene assunta! E si ritrova letteralmente scaraventata in una comunità creata dal suo stesso titolare, chiamato fin dal principio “l'uomo dello scranno”, che abita nella villa di famiglia circondato da un nugolo di bambini cui impartisce lezioni di lingue morte e letteratura antica, che detesta l'istruzione istituzionale e si è convertito al Cristianesimo dopo una vita di successi accademici e personali.

Ben presto la prudente Prudencia scoprirà che Sant'Ireneo di Arnois è un autentico rifugio per uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo con un bagaglio di professionalità e ricchezza talvolta notevoli, ma che ha abbandonato alle porte del paese. Infatti, lì ognuno ha abbracciato una professione che nulla aveva a che vedere con quanto lo contraddistingueva nella vita precedente.

Dapprima l'impatto è scioccante, ma piano piano Prudencia scopre la piacevolezza dello scorrere lento del tempo, dei pomeriggi tra amiche -intellettuali- scanditi da fumanti tazze di tè pregiato e dolci cucinati rigorosamente a mano, le lunghe passeggiate in mezzo alla natura e la limpidezza e profondità del cuore dei bambini che animano la casa e il paese.

Non di meno, l'uomo dello scranno la pungola in ogni occasione con le sue osservazioni sul modo in cui Prudencia vede la vita, lo studio, l'apprendimento e questa si ritrova spesso schiava dell'ira, pur non potendo rispondere a tono, sia perché il suo acerrimo rivale è il suo datore di lavoro, sia perché è un uomo dotato di grandi capacità intellettuali, che unisce a un'immancabile educazione nella comunicazione e nei modi.

Il “risveglio” della signorina Prim è lento e non privo di ostacoli e rabbia, ma racconta una trama che molti di noi conoscono: la schiavitù di un'esistenza trascorsa tra doveri e responsabilità, aspettative altrui e proprie, schiacciati da impegni che spesso ci impediscono di apprezzare la vita in ogni sua forma e istantanea.

Le parole del monaco benedettino al quale la signorina Prim si affida, prima della sua partenza:
“Ai monaci certosini, durante il noviziato, si insegna a chiudere le porte voltandosi per metterne in funzione il meccanismo con cura, senza spingerle né lasciare che si chiudano da sole. Sa perché viene loro richiesto questo? Perché imparino a non avere fretta, perché imparino a fare una cosa dopo l'altra, per addestrarli alla misura, alla pazienza, al silenzio e all'attenzione per ogni gesto. Glielo racconto perché questo è lo spirito con cui bisogna intraprendere un viaggio, qualunque viaggio. Se lo fa in modo affrettato, senza riposo né pause, tornerà senza avere trovato quello che cerca”.

E quelle della signorina Prim al pensiero di accettare l'offerta del suo primo datore di lavoro: contabile rinchiusa tra quattro mura per 12 ore al giorno:
“Non avevo voglia di tornare a lavorare lì. Non sopportavo l'idea di immergermi di nuovo in quel luogo angusto e buio, di rinchiudermi in quella cella monotona e grigia in cui avevo trascorso buona parte della mia vita. Non volevo ascoltare di nuovo conversazioni meschine, non desideravo parteciparvi, non volevo esserne oggetto. E c'era anche la faccenda dell'aria. Adesso avevo bisogno di aria. Avevo bisogno di sentirla sulla faccia mentre cammino, avevo bisogno di annusarla e di respirarla. A tratti mi scoprivo a pensare quanto tempo avevo vissuto senza bisogno di aria. Le mattine invernali in città, quando uscivo di casa coperta fino alle orecchie, camminavo veloce fino alla metropolitana, scendevo le scale in mezzo a decine di persone e mi infilavo sgomitando nel vagone. Uscita dalla metropolitana salivo di nuovo le scale in mezzo alla folla, correvo fino al portone dell'ufficio e lì trascorrevo la mia lunga giornata. E intanto dov'era l'aria? In quale momento della mia vita avevo dimenticato l'esistenza dell'aria? Camminare senza dover correre, un piacere tanto semplice come passeggiare senza fretta, gironzolare, vagabondare, curiosare anche. Quando una cosa così semplice e modesta è diventata un lusso?”

Per terminare con la frase più bella e vera che ci possa essere:
“Che cosa minuscola e immensa è la felicità”.

- . - . - . -

Giorni fa mi sono regalata un set di pennarelli Letraset, meglio conosciuti come Pantoni. La mia cara amichetta Lisa, un'artista davvero di talento, infatti, mi ha fa iniziata a queste “creature” fantastiche, che non conoscevo affatto, ma che avevo cercato per anni: ormai, a 34 anni suonati, credevo che i mangaka e tutti gli illustratori per bambini che creavano tavole di illustrazioni coloratissime e meravigliose, si affidassero alla computer grafica. Non trovavo, infatti, colori capaci di creare una tale uniformità nei tratti, nella stesura di cieli, o semplici muri! Invece questi colori esistevano, e Lisa mi ha illuminata.

Perciò li ho fatti arrivare direttamente dall'Inghilterra, dove ne vendono a profusione e, guardate un po', a prezzi davvero concorrenziali rispetto al mercato italiano (!) e, prima di avviare un certo progetto, ho deciso di studiarne l'applicazione.

Ho comprato un album da disegno con fogli di una grammatura pesante (200 g.) e che, in teoria, avrebbero dovuto uniformare bene il colore dei Pantoni.

Il risultato?


Ho preso una mia foto e l'ho disegnata a metà tra lo stile Art Nouveau e quello dei tatuatori contemporanei, ma quando ho iniziato a stendere il colore, questo non si uniformava e perciò, il risultato finale che vedete (soprattutto nei capelli, nell'abito e nella pelle) è in effetti opera della computer grafica. Mentre nella scritta in alto, con il mio nome e altri simboli, si notano i passaggi del colore dei pennarelli che non si sono uniformati.

Cosa ho appreso da questo studio? Che, come dice ogni professionista, gli strumenti sono fondamentali per la riuscita di un'opera. E che io posseggo sì, dei pennarelli eccezionali, ma ho sbagliato l'album di disegno. Perciò ora non mi tocca fare altro che ritornare alla Letraset e richiedere i loro fogli, creati appositamente per illustrare con i pennarelli Letraset/Pantoni.

Ho perso due mattinate e mezza e un etto di nervi, ma almeno ho capito dove ho sbagliato.

E ora avanti con un altro progetto!

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