Crescere un bambino

L'estate è ufficialmente alle spalle -se possiamo parlare di estate, dal momento che quest'anno ho sentito solo lamentele a riguardo- e siamo giunti all'autunno, il periodo dell'anno che preferisco in assoluto. Adoro il colore delle foglie che cadono, i giorni in cui il cielo si carica di nubi oscure e crea un contrasto fortissimo con tutte le tonalità del giallo e del marroncino dei parchi della città. Amo l'odore delle castagne bruciacchiate e la possibilità di cucinare infinite prelibatezze con la zucca. Mi piace fare il cambio degli armadi per indossare i maglioni che ho sferruzzato, e progettarne di nuovi.

Quest'anno, poi, potrò far entrare in questa magia anche mio figlio Damon. Per lui sarà la prima volta di tutto. Ha appena compiuto 3 mesi e continua a spalancare gli occhi dinanzi al mondo. È il suo primo autunno e sono intenzionata a farglielo vivere pienamente.

Crescere un bambino mi induce a lunghissime riflessioni quotidiane. Per fortuna non sono una madre ansiosa. So di non essere perfetta, ma considerato che faccio del mio meglio e sto con lui 24 ore su 24 occupandomene al 99% da sola, mi ritengo soddisfatta del mio operato, soprattutto quando lo vedo sorridermi in “quel” modo, quando noto che non ha timori ad abbandonarsi alle braccia di Morfeo né durante il giorno, e men che meno durante la notte. È un bambino così sereno e sorridente che sento i morsi al cuore per la commozione molte, forse troppe volte durante il giorno.

Sono cambiata, eccome se lo sono. Prima di Damon ero “legnetto”, come ama dire la mia migliore amica Tania -io mi definivo zen- perciò la maggior parte delle noie e problematiche quotidiane mi scivolavano addosso. Ora se guardo in tv programmi su bambini o altre creature indifese in situazioni precarie devo cambiare subito canale, altrimenti sto male, ma male davvero. Senza contare il misto di amore e timori che provo per il mio bambino, quando penso a tutto il male che ci circonda, e alla necessità di proteggerlo, per quanto più possibile.

La riflessione maggiore, comunque, riguarda due diverse questioni: la prima è il fatto di essere sempre più sicura della mia decisione di aver avuto un bambino dopo aver raggiunto una mia maturità interiore. La seconda è che mi domando che tipo di madre sarei se non avessi l'energia che mi contraddistingue. Voglio dire, sia che riesca a dormire, sia che non ci riesca -e scrivo ora, dopo quattro notti insonni non a causa di Damon, che dorme beatamente, ma per ragioni che ancora non comprendo- sia che mi trovi alla fine di una giornata estremamente impegnativa, riesco a mantenere il controllo e a non innervosirmi o lagnarmi, o ululare aiuto a qualcuno. Da un lato è qualcosa che mi rende molto felice, perché riesco a essere me stessa, serena e allegra con mio figlio sempre, senza momenti di fiacca o veri e propri crolli. Dall'altro prego che continui a vivere in questo stato di grazia, che le energie non mi abbandonino, perché non voglio mancare in qualcosa nei riguardi di mio figlio. Come ho scritto, so che non sono perfetta, e certamente commetto degli errori, ma per me è fondamentale esserci per lui ogni istante, avere la certezza che lui sappia che sono presente, che la sua mamma è proprio quella che ha davanti, senza stress, senza problemi (o meglio, quelli che ha riesce a gestirseli senza farli pesare a lui). E poi mi domando come fanno quelle mamme che queste energie non le hanno e mi ritrovo a provare commozione per loro... giorni fa ho avuto la febbre e quando ho sentito che le mie braccia non riuscivano a reggere Damon come prima, e lui mi guardava con occhi che sembravano chiedere cosa c'era che non andava, sono arrivata a un tale livello di tristezza che avrei potuto piangere. Anche altre madri si sentono così, quando non trovano risorse per i propri figli? Temo di sì, e questo mi dispiace tanto, tantissimo. Quel giorno, naturalmente, è venuta mia madre per stare assieme a me e a Damon e prenderlo in braccio al posto mio. Ci siamo riunite, abbiamo bevuto il caffè, chiacchierato amabilmente mentre il nostro piccolino sorrideva alle nostre battute e al suono della nostra lingua madre.


Essere madre... questo sì che è un salto nel buio, un nuovo rituale di passaggio che mi ha stravolta e fatto comprendere una gradazione immensa di questioni che prima ignoravo. È così impegnativo. È per tutta la vita. Eppure è una magia... e con l'autunno, una magia nella magia!

Commenti

  1. Bellissimo post,complimenti Nataša!Olga

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  2. Che tenero questo post, mi ha fatto tornare empaticamente a quando il mio ragazzo era un pupo e anche qualche senso di colpa per la mia inadeguatezza della ragazza che ero.
    Mi hai commossa.

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