Aspettare può rivelarsi un'altra... magia

Per diversi mesi mi sono ritrovata in una situazione del tutto nuova. E non mi riferisco alla maternità, perché è naturale e fisiologico cambiare parecchio quando si diventa madre. E' un'altra fase della vita, sotto tutti i punti di vista e, mentre tuo figlio cresce, anche tu, piano piano, cerchi il modo di adeguarti a questa nuova pelle, fatta di nottate insonni o dormite da lepre -con un occhio aperto-, responsabilità mai provate prima, la sensazione che dovrai essere vigile, 24 ore su 24 per il resto della tua vita, o che dovrai organizzare il tuo tempo libero facendo le acrobazie per molti anni a venire.

Quello a cui mi riferisco è il momento in cui, pur avendo scritto tanto nel corso della tua vita, ti ritrovi in un momento in cui non hai più voglia di farlo. Scendiamo nello specifico: devo proseguire la presentazione del mio Ricettario e ho un nuovo romanzo da editare per cui, come dicevo ad amici, conoscenti e lettori, non ho nutrito la preoccupazione di rimettermi a scrivere febbrilmente qualcosa di nuovo, perché sono “coperta” per diverso tempo e quindi posso dedicarmi al mio Damon totalmente, senza ansie o crisi di sorta.

Eppure... eppure sentivo che c'era qualcosa di strano e vagamente preoccupante in questa mia assenza di necessità di tornare alla narrativa. Certo, scrivo ogni giorno, che si tratti del blog, del diario, delle lettere o dei semplici post su Facebook, ma un libro è altro. Un romanzo (o un saggio) richiede un impegno lunghissimo, giornate dense di concentrazione e dedizione alla forma scritta, mesi di ricerche e poi la soddisfazione di completare un percorso arrivando alla fine dell'opera. Perciò da un lato mi sentivo rilassata perché non avvertivo più questa urgenza e potevo occuparmi di Damon con tutta me stessa, ma dall'altro iniziavo a chiedermi se non si fosse chiusa un'epoca della mia vita: avrei forse smesso di scrivere? Perché a ben vedere le motivazioni per le quali, pur avendo una Moleskine piena di soggetti da sviluppare in diversi generi e stili, non avvertivo il minimo prurito alle dita per prendere carta e penna in mano, erano diverse: prima di tutto sono approdata a un momento della mia vita in cui sento che sono realizzata, che sto bene e che non mi manca nulla. Damon mi assorbe molto nell'arco della giornata e il tempo libero che mi rimane è quello delle sue nanne, corte o lunghe che siano, durante le quali mi occupo della casa e prediligo sferruzzare, merlettare, dipingere e leggere. La scrittura narrativa proprio non ci entrava più. Mentre rispondevo alle lettere delle mie corrispondenti ci riflettevo sopra e spiegavo loro che non si può scrivere senza avere un'urgenza che ti urla dentro e che, nel bene o nel male, non sono quel tipo di autrice che si mette alla scrivania per redarre un testo commerciale e farci su i soldi (lo vedo come una forma di prostituzione ignobile), né per costruirmi una fama, non mi interessa. Concludevo che, in fondo, mi sarei abbandonata al classico consiglio di mia madre: “Svako vreme nosi svoje vreme”, che in italiano suona come “C'è un tempo per ogni cosa”.

E così ho fatto. Una volta tanto mi sono concessa di mettere i remi in barca, non correre, non affannarmi in cerca di risposte immediate. Che caspita, ho un figlio piccolo, questo momento non tornerà più, almeno, non con Damon. Lui è piccino adesso. Ora fa le sue primissime esperienze in questo mondo e non voglio perdermene nessuna.

Invece il 27 gennaio sera, dopo la visione di “Io, Jane Austen”, un film inglese che ricostruisce la vita della più famosa scrittrice inglese, basato sulle sue lettere superstiti, al ritorno di mio marito dalle sue prove, mentre Damon dormiva già da tre ore, la Musa ha cantato. Una romanzo. Dall'inizio alla fine. Me lo sono visto scorrere davanti agli occhi, narrare alle orecchie, fatto e finito. Sono andata in studio mossa da fili invisibili, ho preso la piccola Moleskine dalla copertina rigida di tessuto magenta ormai consunto, una Bic nera e ho trascritto tutto quello che ho sentito. Alla fine ho guardato quelle pagine incredula. Perché non si tratta dell'ennesimo soggetto contenuto in quella stessa Moleskine. Ce ne sono così tanti. Posso iniziare a svilupparli quando voglio. No, in questo caso la storia riguarda una trama che è troppo legata a questi nostri tempi per potermi concedere il lusso di scriverla più in là. Mi sono lasciata andare sul divano mentre altre immagini della trama continuavano a scorrermi davanti. E allora riaprivo la Moleskine e aggiungevo quelle parti. Frammenti di conversazione, punti di sviluppare.

Ci sono volute ore per cercare una risposta a quello che è accaduto e ancora non l'ho trovata. Insomma, ero serena, tranquilla, ormai certa che non sarei tornata al romanzo per molto tempo. E invece ecco che la Musa torna a richiamarmi all'ordine e quando canta si sa, non c'è verso di zittirla o deluderla. Ciò che chiede va fatto immediatamente. Sto già procedendo.

Ecco, io che notoriamente sono una donna che non ama molto aspettare gli eventi, le persone, ecc, questa volta mi ero decisa a farlo e la sorpresa di quanto è accaduto continua ad accarezzarmi l'anima da giorni.


Sì, talvolta aspettare può rivelarsi un'altra magia.

Commenti

  1. Che bello questo post! Io ovviamente leggerò volentieri tutto ciò che scriverai! Per tanto tempo anche io sono stata in stand by anche se per altri motivi, mentre nell'ultimo anno mi sono risvegliata dal torpore creativo che mi aveva assalita negli ultimi anni e anche se devo risolvere qualche problema e organizzarmi meglio, qualcosa sto producendo! Essere mamma assorbe molto tempo, ma quando la Musa chiama, bisogna rispondere!

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    1. Hai capito perfettamente cosa intendo.
      Buonissimi progetti a te, tesoro!

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