Appunti della conferenza “I riti di passaggio” del prof. Gian Paolo Gri intervistato da Paolo Medeossi, Museo di Santa Chiara, Gorizia, 22 maggio 2015 -nell'ambito del Festival èStoria-
In questi tempi ci si
trova soli a livello individuale e sociale, anche perché è saltata
la coesione sociale e familiare in primis.
Il termine “riti di
passaggio” si riferisce al fatto che oggigiorno anche questa fase
della vita è passata, nessuno se ne occupa più. La definizione fu
coniata dall'antropologo francese Arnold Van Gennep nel 1909. Lui si
riferiva alla frontiera materiale, a un passaggio tipicamente di
frontiera, dove il trasferimento da uno spazio all'altro non era
costituito da una sbarra, ma da un territorio sospeso. Espressione
coniata dunque per trovare una metodologia che identificasse un
determinato uso e costume di un popolo. I riti di passaggio sono quei
comportamenti tradizionali, quegli atti regolati da un canovaccio
multimediale (voce, gesti, luci, ecc) collettivo che si addensa in
certi momenti speciali delle persone durante il calendario realizzato
dall'uomo.
I riti che hanno fatto
più pensare e discutere gli antropologi sono i rituali di
iniziazione (passaggio dall'infanzia all'epoca adulta). Alla comunità
interessa rendere collettivo questo passaggio individuale. Siamo alle
soglie del 24 maggio: cent'anni fa iniziò la Prima Guerra Mondiale.
All'alba di quel giorno la coscrizione faceva parte di un rito di
passaggio contemporaneo. Nel XXI secolo questo rito di passaggio non
esiste più perché i militari oggi sono volontari, quindi non ci
sono più feste e riti legati alla vigilia di entrata nella leva.
La violenza fa parte dei
riti di iniziazione: i giovani soldati venivano vessati dai “nonni”,
ma è ben poca cosa rispetto ai riti di passaggio che gli antropologi
hanno studiato presso le realtà tribali. Lì c'è l'isolamento dalla
comunità, poi il severo monito degli anziani, quindi la violenza
subita (amputazione, tatuaggio, ecc) dall'iniziato, il quale la
riversa poi su altri, ad esempio su un animale da sacrificare, o
sugli iniziati futuri. Perché la violenza, il dolore, l'umiliazione?
Qui le ipotesi sono molte e varie. Intanto il dolore è prettamente
legato ai maschi. Certo anche a certe sfere femminili, ma in quelle
maschili sono un elemento permanente. Forse perché la sopportazione
alla violenza dona alle persone forza, sicurezza in sé ed è un
marcatore della memoria. Sofferenza come marcatore di memoria perché
non fa più dimenticare quel momento, soprattutto gli insegnamenti
ricevuti.
Mi ricordo l'uso di certi
nonni, proprietari terrieri del nord del Friuli, che portavano i
propri nipoti a vedere le terre e i boschi di loro proprietà dopo il
vespro. Arrivati a un recinto, o alle fine del percorso si fermavano
e tiravano uno schiaffo al bambino. Il piccolo osservava attonito il
nonno, e gli chiedeva tra le lacrime cosa avesse fatto per meritarsi
un simile gesto. Il parente gli rispondeva: “Questo affinché non
ti dimentichi quello che possiederai e che dovrai mantenere”.
Per le donne i riti di
iniziazione locali sono stati poco studiati. Inoltre gli uomini li
esibivano “in pubblica piazza”, al contrario delle fanciulle. Le
donne in genere erano oggetto del rituale, non soggetto, pensiamo al
lancio de Lis Cidulis in Carnia, dove i ragazzi lanciavano i
fischi infuocati dedicandoli alle ragazze che corteggiavano e
volevano conquistare.
La funzione dei rituali
era disgiungere: marcare diversità tra giovani e anziani, ma anche
un momento di dichiarazione di intenti.
Domanda: di questi riti di passaggio
cosa rimane nella contemporaneità?
Risposta: I riti di
passaggio sono cambiati perché tutto è cambiato. Il modo di essere
giovani, la vita nelle campagne e in città. Negli anni '50-'60 la
“teoria della modernizzazione” non aveva dubbi: stiamo andando in
una società laica, anti-tradizionale, consumista, dove i riti
antichi sono buoni per fare business. Ma nella nostra realtà i riti
non si sono smarriti del tutto, sono cambiati. Da collettivi sono
diventati individuali. Per esempio i riti dei funerali: la cremazione
si sta trasformando in un rito funebre laico che però continua a
essere rituale. Si pensi poi ai rituali dello sport, dello stadio, i
rituali sono passati al tempo libero, soprattutto.
Si è inoltre dilatato
fortemente il “margine” come lo chiama Von Gennep: gli uomini
crescono con maggiore lentezza, credono e sentono che la maturità
arriva anche con la stabilità economica che, come sappiamo, giunge
-quando capita- sempre più tardi.
Domanda: Che cosa regala
il rituale?
Risposta: Durata, tempo
permette all'individuo e alla comunità di digerire un evento. Il
passaggio è la realtà del mutamento, costruire riti di passaggio
imbriglia e lubrifica il cambiamento.
Domanda: Cosa succede ai
giovani?
Risposta: Quello che dice
Bauman: i giovani si trovano con un'identità liquida, che non è
concreta, ma in continuo mutamento, praticamente non c'è. Senza
contare che gli adulti stanno diventando sempre meno autorevoli e
questo rappresenta un altro vuoto per i giovani.
Una parte della tristezza
dei giovani oggi deriva anche dall'assenza di rituali in genere, in
particolare di quelli di passaggio e goliardici. I giovani avevano
questo ruolo di mettere i piazza anche certe situazioni della
collettività. Questa funzione dei riti realizzati dai giovani è una
sorta di catarsi, che è un dono per loro e che purtroppo ora si sta
perdendo del tutto.
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E' stato un grande
piacere trovare il tempo per partecipare alla conferenza del Prof.
Gri, sia perché ho studiato e apprezzato molto i suoi libri, che
peraltro sono stati utilissimi per realizzare le mie conferenze “I
culti pagani in Friuli”, sia perché trovo che l'antropologo,
questo studioso poco conosciuto soprattutto tra i giovani, abbia
molto da insegnare a tutti.
Alla fine della
conferenza ho chiesto al professore cosa ne pensasse di questo
presente e del futuro che si prospetta privo di questi preziosi
rituali. La domanda mi è sorta spontanea perché durante le mie
conferenze ho sempre incontrato un pubblico variegato, dal bambino
all'anziano, ma con un interesse fortissimo per la spiegazione degli
usi e dei costumi di un tempo, che comprendevano appunto anche i riti
di passaggio. Gri mi ha risposto che tutto è ciclico, perciò, per
una società come la nostra che sta andando verso la distruzione dei
punti di riferimento, dei valori, della tradizione e si inoltra verso
il nichilismo, ne arriverà poi un'altra che rispolvererà i riti e
le tradizioni del passato, perché l'uomo non può farne a meno,
soprattutto quando si ritrova col nulla intorno a sé.
Molto interessante Natasa!
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