Due imperdibili saggi di Luciana Percovich
“Oscure Madri Splendenti – le radici del sacro e delle religioni”
Venexia, 2007, 315 pp.
“Colei che dà la vita – colei che dà la forma”
Venexia, 2009, 220 pp.
Ho aspettato parecchio
tempo per approcciarmi a questi due testi. I miei studi sulla Grande
Madre, la Dea Primigenia dell'Antica Europa, sono cominciati quasi
vent'anni fa e sono stati inframmezzati da ricerche sui culti pagani
il Friuli e del popolo Slavo.
Eppure eccomi qui,
finalmente, a occuparmi di una recensione di queste due opere
essenziali. Per chi? Per tutti!
Prima dell'avvento delle
religioni monoteiste, prima del patriarcato, esistevano nel nostro
continente intere civiltà legate al culto del femminino sacro. I
lavori archeologici di Marija Gimbutas, quelli storici di
J.E.Harrison e Momolina Marconi hanno confermato questo sostrato
culturale, religioso e storico cominciato prima di 20000 anni fa e
proseguito con le civiltà cretesi e quelle anatoliche, come Catal
Huyuk (6500-5500 a.C.) e Hacilar (7000-5500 a.C.). Esisteva un
Matriarcato Slavo nelle terre dei miei avi, di cui ha lungamente
scritto l'etnologo italiano Elis Gasparini, così come realtà
matrifocali si registrano nelle epoche arcaiche dell'Australia, delle
Americhe, dell'India e del Giappone. Insomma, la documentazione c'è,
ma fatica ad arrivare sui testi scolastici e mai come ora sarebbe
essenziale. Pensiamo soltanto al femminicidio... Tornare a
considerare la donna come una creatura sacra, oggi farebbe solo che
bene.
In questi libri si
racconta della Grande Madre, ma anche delle sue “discendenti”:
Inanna, Ishtar, Afrodite, Nu Kua, Amaterasu, Mahuea, Mawu, Shakti,
ecc
Nel corso dei millenni è
stato eseguito un sistematico rovesciamento di ruoli e poteri, dal
femminile al maschile, in maniera sistematica e strategica, a
cominciare dall'arrivo dei popoli indoeuropei. Ciò che era sacro è
divenuto impuro, il corpo della donna, da benedetto e fertile, è
diventato terreno di guerra per il predominio.
Non soltanto. Vicky Noble
scrive: “Religione, scienza e misurazione del tempo non erano
separate dal corpo e dal mistero dei ritmi biologici della sessualità
e della fertilità; erano un unico corpo di conoscenza. Noi siamo
caduti fuori da questo antico orizzonte olistico, che adesso stiamo
appena ricominciando a riscoprire”.
Viviamo in una civiltà
che da secoli desidera separare, differenziare, creare opposizioni.
Se da un lato questo sistema di “organizzazione” ha condotto
l'umanità verso guadagni collettivi impensabili in epoche remote,
dall'altro ha svuotato l'uomo di energia e valori, conducendolo allo
smarrimento che tutti constatiamo nel tempo presente e un nugolo di
malattie e sofferenze considerati “moderni” non a caso.
La Grande Madre delle
origini era un principio cosmico e regolatore. Pensiamoci bene: nel
nostro linguaggio corrente, quando diciamo “madre” immaginiamo
colei che è già separata dalla sua creatura, colei che la nutre e
cresce. Un archetipo già tardo nella nostra civiltà, poiché in
principio la Madre era Dea, Antenata, Creatrice ed esprimeva stati di
desiderio, fuoco, risveglio, eccitazione, spinta, amore. Tutti
elementi che troviamo in “Colei che dà la vita”, dove leggiamo
innumerevoli storie di cosmogonie e mitologie dove a creare la terra
e la civiltà non è un Dio, ma una Dea.
Tornando al qui e ora, al
lato quotidiano delle nostre vite, soprattutto quelle femminili, io
dico questo: leggere saggi come questi stimola le persone a creare
una nuova consapevolezza. La maggioranza delle donne è stata
cresciuta, vuoi per i “valori” della società attuale, vuoi per
la religione, vuoi per le idee insite nella sua stessa famiglia con
una modalità alquanto dubbia. Da un lato le è stato chiesto di
essere obbediente, di studiare, di formarsi per bene, di cercare di
trovare un buon lavoro. Dall'altro, però, è sempre stato implicito
che a un certo punto del suo percorso avrebbe dovuto sposarsi, avere
dei figli e quindi abbandonare l'impiego, oppure ridurre le ore
lavorative. Sapeva che avrebbe occupato dal 90 al 100% del suo tempo
ad accudire i figli prima e gli anziani poi, a occuparsi della casa,
e di tutti gli impegni quotidiani, perché di norma è l'uomo a
lavorare, a fare carriera. “Si fa così”. E la virtù di una
donna non consiste forse nell'essere tutto ciò? Buona figlia, buona
nipote, buona moglie, casalinga, lavoratrice part-time, infermiera,
colf, amministratrice dell'economia domestica, ecc ecc.
Sostanzialmente alle donne si chiede, velatamente o meno, il massimo,
mentre verso gli uomini si è più indulgenti.
Naturalmente esistono
isole felici, realtà assolutamente parificate, dove regna un'armonia
che io stessa ho potuto toccare con mano in più occasioni. Tuttavia
queste sono situazioni “speciali”, caratterizzate da donne e
uomini realmente consapevoli. La prova provata del fatto che le donne
rimangano ancora indietro si denota da diversi fattori: paghe minori
degli uomini, una politica che cerca di valorizzarle solo per
ottenere interessi “di partito”, politiche sociali che vengano
incontro alle necessità delle madri pari a zero e un percorso verso
l'individualizzazione dell'uomo che ha affossato il concetto di
comunità isolando definitivamente le donne. Pensiamo alle grandi
famiglie di una volta, ai rioni pieni di ragazzini che correvano
ovunque. I bambini erano “di tutti”, l'aiuto reciproco tra madri,
zie, nonne era ovvio. Oggi non soltanto è raro, ma le donne si sono
rivoltate contro le donne: anziché vedersi come Sorelle hanno fatto
il gioco degli uomini. Si sono separate. Divide et impera, dicevano
secoli or sono. E' esattamente quanto è accaduto: instilla nelle
donne pensieri superficiali ma corrosivi e otterrai la loro
divisione, se non addirittura una lotta intestina. E con ciò non
dimentico le donne che, invece, hanno deciso di non avere figli, di
dedicarsi alla carriera e magari condurre un'esistenza libera anche
sul piano sessuale. Quanti sono i diti puntati addosso a loro? Sono
oggetto di critiche feroci, dagli uomini in primis, ma anche da altre
donne e questo è indegno, perché ognuna di noi è libera di
scegliere come gestire il proprio corpo, figuriamoci il proprio
vissuto. La Grande Dea ci insegna anche questo: il suo attributo non
era solo quello di Madre, ma anche di Donna a 360°, libera e
disinibita, assolutamente indomita.
Sì, sono decisamente due
saggi fondamentali per riuscire a trovare il bandolo della matassa,
farsi un'esame di coscienza e ricominciare da una vita nuova. Anzi,
non da una vita nuova: da una prosecuzione di quella che era la
visione della donna all'alba dei tempi: la Regolatrice, la Vita,
l'Oscurità, Tutto.
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