“Živeo život” (Viva la vita), mostra nostalgica a Belgrado sugli oggetti quotidiani della Jugoslavia

Qualche giorno fa ho letto su “Il Piccolo” l'articolo che riguarda una mostra che si sta tenendo lungo il viale del passeggio di Belgrado, dove sono presenti oggetti di vita quotidiana della Jugoslavia, dal 1950 al 1990.


Si tratta di oggetti provenienti da collezioni e proprietà private, dalla macchina Zastava alle confezioni di biscotti Plazma (i Plasmon jugoslavi), dalle riviste Arena alle maglie delle fortissime squadre di basket dell'epoca, apprezzate in tutto il mondo.


La nostalgia è presente già nella vita quotidiana di buona parte della popolazione dell'ex-Jugoslavia, visto che la guerra civile di vent'anni fa, non solo ha provocato morti e violenze, ingiustizie e sangue, ma anche un lascito di debito pubblico mostruoso, disoccupazione alle stelle e una corruzione crescente che, tanto per fare un esempio concreto, impedì a me di avviare un'attività nel settore agricolo in Bosnia, terra dei miei antenati, perché un mio cugino mi disse in tutta sincerità: “Se tu lo facessi, sarebbe un mio interesse. Per un anno, forse due, venendo assunto da te guadagnerei bene, starei al sicuro. Ma ti vorrei davvero male se ti dicessi di buttarti in questo burrone. Per quante buone intenzioni tu abbia, il governo, fin dai più piccoli parassiti locali, ti succhierà soldi ed energie fino al midollo. La corruzione ti ucciderà. Lascia perdere”.

Già, lasciar perdere...

Per me, che sono figlia di genitori immigrati, nata in Italia ma con una cittadinanza jugoslava, che ogni estate della sua infanzia tornava in Jugoslavia, a trovare i nonni, a vivere nella casa costruita da mio padre, orgoglio e picco delle sue fatiche all'estero, per me che sono cresciuta a pappe jugoslave, come il Čokolino, con i biscotti Plazma, cantando le canzoni dei Bijelo Dugme e, soprattutto, correndo felice nei campi e nei boschi bosniaci, respirando quell'atmosfera di pace e comunione con gli uomini e la terra, abbandonare la speranza di una ricostruzione di questi Paesi è devastante.


Mi dicono: “Sembri una bambina. Sei fortunata, abiti in Italia, smettila di volgere lo sguardo al passato. A una terra che ormai esiste solo nei libri di storia”.

E quella che io ancora sento dentro di me? In ogni cellula? Esiste. E' qui, dentro al mio petto. Non serve nemmeno che io chiuda gli occhi per riportare alla mente tutto il mio vissuto in Jugoslavia. Non è illusione. È reale. Non è passato. È presente. Scrittori come Abdullah Sidran, artisti come Emir Kusturica e Goran Bregovic' mantengono viva l'atmosfera jugoslava. Ora. Oggi. Non sono illusione.


E poi leggi i commenti dei belgradesi alla mostra “Živeo život”: “Io faccio parte dei fortunati nati allora, nel 1953, quando il nostro passaporto rosso ci permetteva di viaggiare ovunque”. Mentre una ragazza accanto a lei, nata tre anni dopo la scomparsa di Tito aggiunge: “Che tristezza per i tempi attuali”.

E mi vengono in mente i nonni italiani, Genio e Palmira, quando mi parlano dei “bei tempi” prima della Seconda Guerra Mondiale. Nel secolo scorso. Che dico, nel millennio scorso! Quando li ascoltavo, da ragazza, pensavo: “Cielo, che tempi remoti! Però è bello conoscerli”.

Ora mi guardo alla specchio e capisco che anche io ho vissuto un secolo fa. Anzi, nel millennio scorso. Che la Jugoslavia esisteva allora. E io? Io sarò capace di trasmetterne la bellezza e l'autenticità ai miei figli?

Commenti

  1. Ho scoperto solo oggi il tuo blog e ho letto con interesse molti tuoi articoli che ho trovato stimolanti ed intelligenti. Ti ammiro. Brava.
    Un abbraccio
    Ombretta

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    1. Ti ringrazio Ombretta! Mi hai emozionata :-)
      Io ce la metto tutta per trasmettere qui le mie passioni, ciò a cui tengo di più e sapere che il messaggio arriva, è la ricompensa migliore che io possa ricevere.

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  2. Non bisogna mai arrendersi, ed è giusto che tu la pensi in questo modo... in ogni caso, nonostante quello che si dice in giro, non è che pure qui siamo messi bene, anzi. C'è un degrado che avanza ogni giorno, e dovunque.

    Un abbraccio

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    1. Purtroppo lo vedo anche io Any, e amando profondamente anche l'Italia mi auguro che la situazione migliori. Mi è bastato vedere distrutto un Paese, quello dei miei antenati. Adesso basta.

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