Recensione: “Il circolo delle ingrate” di Elizabeth von Arnim
Bollati Boringhieri, 2012, 393 pp.
“Qual'è il senso di
scegliere delle persone infelici in là con gli anni e pensare di
poterle rendere felici? Se per loro natura la felicità fosse stata
un'opzione possibile, allora felici lo sarebbero già molto, anche se
povere. E se avessero avuto voglia di lavorare non sarebbero mai
diventate così povere o così infelici. Il lavoro è un tonico
straordinario. La principessa, vostra governante, lavora, e trova la
propria esistenza del tutto tollerabile. Ma con gente come Frau von
Treumann e la baronessa non ce la farete mai. Perché appartengono
alla categoria di persone che si lagnerebbero anche in paradiso.
Potreste invece rendere ancora più felice coloro che già loro sono,
perché in essi vi è la gratitudine e l'apprezzamento per la vita e
le sue benedizioni; ma naturalmente non sono quelle le persone per
cui volete prodigarvi”.
Nelle parole di Axel von
Lohm c'è l'essenza di questo romanzo estremamente coinvolgente,
intelligente e profondo che è, terza opera della scrittrice
australiana, divenuta poi un'apprezzatissima intellettuale inglese.
A parlare è il vicino di
casa di Anna, la protagonista, una fanciulla che a 25 anni riceve
un'eredità inaspettata dallo zio tedesco Joachim. Niente meno che
una tenuta in Pomerania. Non le sembra vero. Lei, cresciuta fin da
bambina in Inghilterra sotto l'ala della ricca e superficiale cognata
Susie, lei che si è sempre sentita fuori posto, lei che l'unica
volta che si è innamorata si è vista soffiare il pretendente da
un'ereditiera più papabile. Finalmente Anna vede realizzarsi i suoi
sogni di indipendenza e soprattutto la possibilità di soddisfare i
suoi intenti più alti: con i soldi del caro zio, nella sua tenuta
creerà un circolo di donne di una certa età, possibilmente dodici,
infelici e reiette che per vedovanza o miseria si ritrovano a dover
dipendere da parenti indignati. Insomma, uno specchio di quello che
lei sarebbe potuta diventare se non fosse intervenuta l'anima pia
dello zio a salvarla.
E così si trasferisce in
Pomerania, ma sono sufficienti le prime tre “protette” per farle
capire in breve tempo quanto si sbagliava. Gli unici sostegni in quel
susseguirsi di delusioni sono la principessa Ludwig, che in vecchiaia
si offre di lavorare come governante della sua casa perché pur non
avendo denari ed essendo rimasta vedova conserva dignità e
pragmatismo. Poi la giovane nipote Letty, rimasta lì con lei per
volere dell'insensibile madre Susie, una ragazzina sgraziata, piena
di amore per la zia, certo, ma che la caccia in un mucchio di guai. E
infine il buon vicino Axel von Lohm, appunto, che si prodiga in ogni
modo per aiutare questo spirito tanto luminoso quanto ignaro della
meschinità umana e che si innamora disperatamente di lei.
Ultimamente le storie
d'amore mi davano un po' a noia, ma credo che gli alti principi, la
bontà e la totale assenza di pregiudizi di un uomo come Axel,
rappresentino le premesse di una vicenda tutt'altro che comune.
Un voto da 0 a 10? 100!
E ora deve passare un
anno prima di leggere il quarto romanzo della scrittrice. Solo
diciannove sono stati tradotti e io li centellino come bottiglie di
un vino antico e pregiato.
Questo libro devo leggerlo assolutamente!
RispondiEliminaNon te ne pentirai. Te lo assicuro!
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