“Tutto è ispirazione” dello scrittore Jacob Bernstein sulla madre, la giornalista, scrittrice, sceneggiatrice e regista Nora Ephron
Deve essere un periodo
davvero particolare della mia vita: sono circondata da amiche meravigliose e mi capita di leggere o guardare documentari inerenti a
scrittrici luminosissime.
Potrei non condividere
tutto ciò con voi? Giammai!
Ecco perché sono molto
felice di trascrivervi anche questo documentario su Nora Ephron. Se
il nome non vi dice niente, mano a mano che proseguirete nella
lettura vi renderete conto che è entrata nelle vostre case diverse
volte.
Buona lettura. Buona
riflessione.
Nora Ephron:
“Io e le mie sorelle
siamo cresciute con una frase che mia madre ripeteva sempre, in
continuazione, ovvero che 'Tutto è ispirazione'. Quando torni a casa
e pensi che sia capitata la cosa peggiore della vita, che un ragazzo
non ti abbia chiesto di ballare, o che l'orlo del vestito si sia
scucito, se pensavi che quella fosse una tragedia, mia madre ti
rispondeva sempre: 'Tutto è ispirazione'. Credo che quello che
intendesse voler dire fosse questo: se scivoli sulla buccia di una
banana la gente ti prende in giro, ma quando racconti di essere
scivolata su una buccia di banana, li fai ridere. Ciò che ti è
successo diventa materiale da raccontare. Credo che intendesse
questo. Oppure mi sbaglio. Poteva solo essere un suo modo di dire”.
Io, Jacob Bernstein, sono
uno scrittore, come lo era anche mia madre, ma a differenza sua, mi
piace non farmi notare. L'agnosticismo è il fondamento della mia
professione. Lei era una sceneggiatrice e saggista, il cui vissuto
divenne fonte d'ispirazione. Il vissuto era il suo marchio di
fabbrica. Dopo che morì di leucemia nel 2012 ho iniziato a pensare
cosa significasse essere uno scrittore. Quali erano i suoi limiti? È
vero che tutto può essere ispirazione? Credeva davvero a questa
specie di mantra?
Amy Pascal, Ex co-presidente Sony
Pictures:
“Era il tipo di donna
che ogni donna come me vorrebbe essere: era intelligente, profonda,
spiritosa, sensuale ma senza pretesa, ambiziosa ma in modo positivo.
Una grande donna, insomma”.
Bob Gottlieb, editore di
Nora, Alfred Knopf:
“Per moltissime donne
divenne un'icona del femminismo. Infranse un gran numero di barriere
di genere e significò molto per le donne, perciò non mi stupisce
che, per un'infinità di persone, la sua morte sia stata un fatto
personale, anche per chi non l'ha conosciuta”.
Jacob, il figlio:
“Per decenni mia madre
parlò e scrisse moltissimo di se stessa. Del fatto che non si
piacesse, del fatto che non volesse invecchiare, della rottura con
mio padre. Ma quando si ammalò, lei non ne fece parola con nessuno”.
Nora Ephron crebbe a
Beverly Hills con le sue tre sorelle e i genitori, entrambi
sceneggiatori di Hollywood. Sua madre era dunque una donna emancipata
anzitempo. La storia d'amore dei genitori iniziò quando si
incontrarono a una festa, alla fine della quale il futuro marito
chiese alla futura moglie di sposarlo e lei gli rispose: “Posso
leggere i tuoi lavori?” Raccontavano spesso di questo aneddoto,
perché lo trovavano terribilmente romantico.
Nora ricordava che sua
madre era particolare. Strana, il calore non era esattamente il suo
forte.
Delia, la sorella:
“Ogni cosa in famiglia
iniziava dal tavolo da pranzo. È quello il posto dove si creano le
basi per diventare un bravo scrittore. Ogni volta che scrivevo
qualcosa di buffo, mio padre mi diceva: “Ottima battuta, me la
scrivo””.
Halle, la sorella:
“Mia madre aveva una
passione per le parole. Recitava poesie durante i pasti, leggeva più
per me che per Amy, ma forse molto più per Nora. Lei era la
prediletta”.
Nora ha sempre avuto un
carattere forte e deciso, anche se al college la ricordano come una
ragazza che aveva le sue paranoie riguardo al proprio fisico, al
proprio aspetto. Terminati gli studi trova lavoro presso il Newsweek
a New York, dove fece una gavetta vera e propria prima di diventare
giornalista.
Nora Ephron:
“Adoravo il Post, ma a
volte era uno zoo. Il direttore era un maniaco sessuale, il
responsabile editoriale era un folle. A volte sembrava che metà
dello staff fosse ubriaco. Sono onesta: era il lavoro più bello,
sembrava di essere in un fumetto e in effetti lo era. Adoravo
scrivere di omicidi. Pensavo sempre che mi avrebbero arrestato prima
o poi, perché mi sentivo in colpa a divertirmi tanto a scrivere
quelle storie. Una persona moriva e io finivo in prima pagina”.
Amici e scrittori,
detrattori e ammiratori dicono che era dura, grintosa, a volte
cattiva, ma sostanzialmente i suoi articoli trasmettevano esattamente
ciò che pensava. Senza filtri.
Scriveva anche molto di e
sul femminismo con una serietà tipicamente newyorkese, comica e
illuminata. Riusciva a parlare apertamente delle imperfezioni, delle
ansie e della complessità di essere donna e non lo faceva citando il
femminismo puro, consigliando di bruciare i reggiseni o di non
pettinarsi i capelli. E non voleva che si nascondessero le proprie
ansie. Nora ammetteva di volere tutto ciò che le altre donne
volevano avere, ma allo stesso tempo di odiare tutto ciò che le
donne volevano avere.
Dan Greenburg, scrittore,
fu il suo primo marito. Erano entrambi ambiziosi, il loro rapporto
funzionò a lungo. Poi lo lasciò, non senza dimenticarsi di
approfittare di vari aneddoti del loro matrimonio per usarli come...
materiale per la propria scrittura. Che poi alcuni erano reali, altri
no.
Frequentò molto Mildred
Newman, psicanalista molto famosa a New York a quei tempi. Newman e
il marito parlavano molto dell'Io. Pubblicarono “How to be your own
best-friend”. Il loro pensiero fece per la generazione di Nora più
di quanto non fecero i reggiseni bruciati. Il loro pensiero era che
non si doveva rendere conto a nessun'altro di niente se non a se
stessi. Erano esperti di persone creative. Per alcuni era strano che
molte star frequentassero questi psicoterapeuti, eppure loro erano
capaci di donare alle persone sicurezza. Nora attinse molto da loro:
che non era necessario essere come i propri genitori e che se loro
falliscono non è detto che succeda anche ai loro figli. Ma imparò
molto anche da Dorothy Parker.
Delia ricorda che durante
l'adolescenza sua e delle sorelle, i genitori divennero alcolizzati.
Inoltre il padre ebbe diverse amanti. Fu crudele da parte di lui non
ammetterlo, perché in quel modo credettero che la madre era una
pazza, che si facesse strane idee. Comunque, Nora riuscì a vivere la
parte migliore dei suoi genitori. Quando la loro vita colò a picco,
aveva già 14 anni, mentre Delia ne aveva 11 e aveva... costantemente
paura. Perché è dura vedere la propria madre ridursi in quello
stato. Morì di cirrosi epatica, ma la causa principale fu un
overdose di sonniferi somministratale dal marito.
Amy, la sorella:
“Sono convinta che mia
madre si trovasse in uno stato di totale inconsapevolezza. Era ormai
diventato impossibile vedere in lei la donna che era stata e questo
contribuì alla sua pazzia. Una cosa che i nostri genitori ci
trasmisero, anche se in modo indiretto, fu la capacità di utilizzare
dei mezzi di sopravvivenza. Vedere loro totalmente incapaci di
reinventarsi, diede invece a Nora la spinta necessaria a reinventare
se stessa. Non si tratta solo di un meccanismo utile a superare il
dolore, ma è qualcosa che va oltre, è la consapevolezza che niente
di ci può abbattere”.
Amy ha scritto un romanzo
ispirato alla madre.
Nora di sposò in seconde
nozze a Car Bernstein, un giornalista divenuto famosissimo in seguito
al caso Watergate, che gli valse il Premio Pulitzer. La loro sintonia
era molto profonda. Si capivano a più livelli. Fu un matrimonio
quasi di celebrità, perché erano famosi e amati. Nora lasciò New
York per trasferirsi a Washington, ma quello non era il suo habitat
naturale. Era una città troppo piccola, dove le idee morivano e la
diversità esisteva solo negli slogan politici. Dovette adattarsi e
riuscì in un certo senso a portare New York a Washington. Facevano
delle belle feste in casa, Carl e Nora. Ebbero un primo figlio, Nora
cucinava moltissimo. Quando era incinta del secondo figlio, scoprì
che Carl l'aveva tradita con un'altra donna e Nora chiese la
separazione. Tornò a New York. Finse di stare bene, in realtà
soffrì moltissimo, ma tutto il suo dolore lo mise in “Affari di
cuore”, il suo primo best-seller che le valse un successo
planetario. Raccontava proprio la biografia del secondo matrimonio e
del suo naufragio. Nora si disperò per sei mesi, e scrisse, scrisse
fino a produrre questo romanzo e vincere la sofferenza. Tutte le
donne del mondo la capirono, la celebrarono. Per Nora quel libro
rappresentò una rinascita, mentre per l'ex marito era pura vendetta.
Carl Bernstein dialoga col figlio
Jacob:
“Pensavo, soprattutto,
al modo in cui avresti vissuto tu all'uscita di un grosso film
hollywoodiano sull'adattamento del romanzo. Avevi solo sei anni e mi
chiedevo se tutto questo sarebbe diventato un circo. Dissi a Nora che
se voleva davvero fare un film, avrebbe dovuto concedermi la custodia
condivisa e in più, senza discussioni, il personaggio paterno
sarebbe stato descritto come un padre amorevole e premuroso e lei
acconsentì. Furono quelli i termini”.
Il bello di Nora era che
non si demoralizzava mai. Anche quando era sul lastrico riusciva a
trovare la motivazione giusta per andare avanti.
Nora Ephron:
“Quando nacque il mio
secondo figlio pensai di non poter più fare la giornalista, perché
dovevo badare a loro e non potevo più dedicarmi ai reportage che
facevo per Esquire. Così pensai di dedicarmi alle sceneggiature per
procurarmi di che vivere. Le sceneggiature, anche se non diventano
film, vengono pagate più di un articolo di giornale”.
Da lì iniziarono le
sceneggiature di maggior successo, come “Harry ti presento Sally”,
“Insonnia d'amore” e “C'è posta per te”. Tutti scritti che
attingevano dalla sua vita e da quella delle persone che la
circondavano.
A questo punto, Nora era
una persona estremamente sicura di sé, che dava consigli alle
persone, era certa delle sue opinioni e aveva un grandissimo senso
pratico, anche quando si trattava di licenziare i suoi dipendenti,
soprattutto i suoi assistenti. Era gentile e generosa. Era anche
severa e onesta. La combinazione di queste caratteristiche faceva sì
che la gente la cercasse. Stroncava le persone, era davvero un bel
tipo, ma sempre circondata da amici e parenti.
Nick Pileggi, scrittore,
fu il terzo marito di Nora, con il quale lui visse per più di
vent'anni. A Nick non faceva paura che Nora fosse una star. Lui era
un uomo tranquillo, uno scrittore che narrava di persone di strada e
pericolose. Invece Nora scriveva storie d'amore, ma nella vita
quotidiana era una vera dura. Insomma, si compensavano. Insieme
formarono una gran bella coppia. Lui la faceva sentire bella e amata.
Lei, con lui si ammorbidì, abbassò la guardia, era felice. E questa
felicità rese le cose più semplici anche con l'ex marito, Carl.
Iniziò una nuova sintonia, ovviamente indirizzata al benessere dei
figli.
Quando uscì “C'è
posta per te”, gli incassi furono un successo, ma i critici non
furono tutti d'accordo. Si aspettavano maggiori conflitti, ma non
accadde. Inoltre altre sceneggiature e regie prima e dopo furono dei
flop. Insomma, fallimenti di cui Nora non voleva nemmeno parlare.
Delia pensa che non è vero che dai fallimenti si impari qualcosa, a
parte che devi temere l'arrivo di un altro fallimento.
E poi si ammalò. E,
contrariamente al suo stile di vita, non lo disse a nessuno. L'idea
di diventare fragile era insopportabile, non voleva che qualcuno la
vedesse in quello stato. In fondo era una maniaca del controllo e non
desiderava che la gente osservasse il suo tracollo. Fu molto risoluta
con i suoi collaboratori e familiari, sull'argomento: top secret.
Però era palese che avesse fretta e che non volesse mollare. Si
gettò con foga sul lavoro e infatti produsse “Julie & Julia”.
Un progetto che amò molto. Il film è l'unione delle passioni di
Nora: New York, Parigi e il cibo. Inoltre la coppia di Julia e
Stanley è molto aderente a quella formata da Nora e Nick. C'è un
chiaro riferimento a loro, una scena in cui Stanley dichiara alla
moglie, a una tavolata di amici: “Julia, sei il burro e io il pane.
Sei l'aria che respiro. Ti amo, mia adorata”. Tutto ciò esprimeva
al meglio la loro unione, perché il loro fu un matrimonio davvero
romantico. Certo fu anche un film che parlava del rapporto tra le
sorelle Nora e Delia. Durante le riprese Nora era piena di energie ed
era molto felice, a detta di tutti gli attori.
Negli ultimi due anni di
vita, Nora continuò a scrivere, produrre e vivere. E rideva di più.
Ed era molto più tenera con i suoi amici. Li destabilizzò. Loro non
sapevano che fosse malata, ma era il suo modo per prendersi cura di
loro prima di andarsene.
“Ho un piccolo problema
di salute” disse così al figlio Jacob, per comunicargli di avere
la leucemia.
La chemio non funzionò.
Si ammalò di polmonite. A quel punto fece chiamare i suoi amici,
anche se non tutti.
Nell'istante più
significativo della sua vita, il periodo in cui si preparò a morire,
il mantra della madre, “Tutto è ispirazione”, non ebbe più
quell'importanza pregnante.
Jacob, il figlio:
“Forse mia madre si
convinse che in realtà non tutto è materiale. Non lo sono le cose
che si voglio tenere per sé e non lo sono le persone a cui si vuole
bene. Possono esserlo le cose che si sono perse, quelle che si è
disposti a cedere e quelle che ci hanno portato via. Per lei era un
mezzo per poter controllare la storia della sua vita. Quando si
ammalò il suo modo per controllare le cose era fingere che non
esistessero”.
Alla fine tenne tutto per
sé, le storie, i racconti, ogni cosa. Rimase privato e non lo
divulgò più.
Meryl Streep:
“Fu proprio lei a dirmi
che la privacy non esisteva, dimenticatela! Non c'è! E alla fine si
comportò in modo esemplare, secondo me, perché riuscì a mantenere
il segreto in un mondo in cui ogni minimo frammento di vita privata
viene venduto ovunque. È così, è pazzesco, tutto è dato in pasto
al mondo”.
“Ciò che mi mancherà”,
Nora Epron, 2011:
I miei figli,
Nick,
la primavera,
l'autunno,
il burro,
passeggiare nel parco,
le cene con gli amici,
le cene con gli amici in
città in cui nessuno di noi abita,
Parigi,
l'anno prossimo a
Istanbul,
'Orgoglio e pregiudizio',
l'albero di Natale,
la cena del
Ringraziamento,
One for the table,
il corniolo,
fare il bagno,
andare sul ponte di
Manhattan,
la torta.
Ho molto apprezzato questo post...grazie!
RispondiEliminaE' per questo che scrivo. Spero apprezzerai anche i nuovi sugli scrittori d'Europa!
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