A 20 anni dall'assedio di Sarajevo... e altrettanti dalla tragedia di molti altri villaggi bosniaci dimenticati

Un musicista suona nella Biblioteca Nazionale di Sarajevo bombardata nell'estate del 1992

Su “Il Domenicale” di ieri, ho trovato un'intera pagina dedicata alla commemorazione dell'inizio dell'assedio della capitale della Bosnia, perpetrato da quello che rimaneva del Jna, l'esercito jugoslavo e dai paramilitari serbi.

È certo che anche tutti gli altri giornali e mass-media in generale ricorderanno la città-simbolo, dimenticandosi completamente e volutamente, come succede da più di 20 anni, la tragedia dei villaggi bosniaci.

Sarajevo era ed p una capitale e, in effetti, i suoi abitanti hanno vissuto l'orrore dei bombardamenti dei cecchini, della tortura, degli stupri, della game e della tirannia di chi controllava il mercato nero (unico mezzo per sopravvivere all'interno della città), ovvero: croati, musulmani, serbi e Unprofor che si erano coalizzati tutti assieme per guadagnare sulla pelle di disperati.

Tuttavia, non ho visto che pochissimi documentari che recassero notizia di tutti i paesini della Bosnia, per la maggior parte abitati da secoli da tutte le etnie più note dell'ex-Jugoslavia, e che hanno subito violenze e scontri di ogni genere.

Per il pubblico internazionale esiste solo Sarajevo, che rappresenta e riassume l'orrore della sanguinosa guerra che ha chiuso il XX secolo.

A nessuno importa delle migliaia di orfani di guerra che languono negli orfanotrofi di tutto il territorio bosniaco, o della corruzione e dell'assenza di lavoro della maggior parte della cittadinanza. Chi osserva i vestiti di lutto delle donne dei villaggi più remoti? Nessuno è interessato a conoscere cosa celano i cuori di queste nere signore, probabilmente perché l'abisso che si spalancherebbe davanti a un coraggioso intervistatore lo fagociterebbe e lo farebbe svanire per sempre.

La verità è che la guerra della Bosnia è stata anche una guerra del disprezzo dei seljaci (contadini) contro i gradjani (cittadini) e che questi ultimi stanno velocemente riprendendo terreno e visibilità grazie alle loro potenzialità economiche, intellettuali e culturali.

È giusto. La meritocrazia è universalmente un indice positivo.

Però io mi domando: quante altre guerre saranno necessarie perché la gente si renda conto che, se non si porta la maggioranza delle persone a un livello minimo di dignità, attenzione e istruzione, le guerre torneranno ancora, ancora e ancora?

E' notizia di questi giorni che Emir Suljagic', sopravvissuto di Srebrenica, autore del libro-confessione “Cartoline dalla fossa”, Beit Editore (2010), ministro dell'Educazione della Federazione croato-musulmana di Bosnia, è stato costretto a dimettersi. Il motivo? Aveva proposto come facoltativa l'ora di religione nelle scuole. Per tutta risposta ha ricevuto una busta contenente un proiettile e il messaggio:

Lascia stare Allah,

o la mano del Misericordioso ti colpirà.

Non serve scomodare la Sibilla per comprendere che non è stato un musulmano bosniaco a inviargli questo 'omaggio', ma una delle cellule di fondamentalisti islamici che è entrata nell'ex-Jugoslavia fin dagli anni '80 (e anche prima). Fonte: “La Jihad nei Balcani”, John R. Schindeler, Leg (2009).

E allora, giungono a fagiolo le parole dell'artista bosniaco Abdulah Sidran:

“Il fatto che l'Europa guardi e taccia è un crimine mostruoso nei confronti del nostro popolo, ma è anche un crac morale dell'Europa. Niente di buono può aspettarsi una simile Europa. Una simile Europa non ha destino futuro”.

Peccato che questa frase sia stata scritta durante la guerra in Bosnia e nessuno l'abbia presa in considerazione.

E peccato che nemmeno oggi, nessuno lo ascolti.

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