La corda

E' successo di nuovo. Due tra le persone più importanti della mia vita, sono venute a trovarmi. Le ho accolte, come sempre. Con amore, tenerezza e il desiderio di trascorrere delle ore piacevoli. Ma loro avevano un'altra urgenza. Quella di scaricarmi addosso tutti i loro problemi. Senza censure. Senza limiti.
Per tre ore sono rimasta seduta su una sedia ad ascoltarli. Uno da una parte e l'altro dall'altra. Le stesse discussioni di sempre, le medesime recriminazioni, pugnalate la cui lama si infila nelle vecchie ferite per riaprirle e farle sanguinare.
Non cambia mai niente, tra loro.
Sono come naufraghi caduti in mare, legati per i piedi a una corda che li tiene ancorati a un miglio dalla spiaggia della loro salvezza. Possono solo vederla, comprenderne il valore, la pace che rappresenta. Ma non possono raggiungerla. Le corde li tengono fermi lì dove sono.
Anni fa io ero la terza naufraga. Stavamo tutti insieme e mi sembrava la cosa giusta. Anche soffrire con e per loro mi sembrava la via corretta. Poi ho capito che non lo era affatto, che ciascuno di noi può essere padrone del proprio destino.
A quel punto ho affrontato l'abisso del mare e come una sirena mi sono tuffata nel suo buco più nero, apparentemente senza fondo. Ho raggiunto il punto in cui la corda era impigliata e ho tirato, ho tirato più forte che potevo. L'aria nei polmoni si era esaurita, l'acqua mi entrava dalle narici e dalla bocca, ma io ho resistito, ancora e ancora. E poi, quando ormai sentivo che era finita, la corda si è strappata e io mi sono lasciata andare, esausta.
Sono stata riportata a galla dalle braccia compassionevoli del mare e quando ho ripreso i sensi ero sulla spiaggia. La terra della salvezza.
Mi sono alzata e li ho visti, al largo, i miei amati compagni. Erano ancora laggiù, nel mare e mi chiamavano per tornare da loro. Piangevano, mi supplicavano.
Anch'io piangevo, ma sapevo che non sarei tornata indietro. Laggiù non c'era evoluzione. Solo melma.
Ho voltato loro le spalle. Sono andata avanti. E sono arrivata piuttosto lontano.
Ma ogni tanto torno sulla spiaggia.
Per stare loro vicino e parlare. Per tener loro compagnia. E capisco che nulla è cambiato. Loro, nonostante gli anni, non si sono mossi di un millimetro, non si sono nemmeno preoccupati di vedere se la corda che li tiene ancorati nella loro posizione si è allentata. Magari semplicemente per l'usura del tempo. Sono troppo impegnati a litigare, a distruggersi a vicenda. Non c'è tempo per pensare a un'eventuale via d'uscita.
Io subisco le loro parole e le conseguenze come un dazio da pagare per la mia libertà. Come la colpa per averli abbandonati.
So di aver compiuto la scelta giusta, ma nel cuore, ogni volta, mi rimane un alone di tristezza.

Commenti

  1. Non potevi fare altro.
    E non è colpa.
    Altri mi danno la stessa colpa tua, ma non potevo fare altro che avanzare.
    Non togliere corde che tu non hai messo , ma sopratutto puoi sperare.
    Sperare che un giorno trovino loro la tua stessa forza e allora tornerete nella danza della vita di nuovo insieme.

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  2. ehmm scusassero lo scritto:

    "Non puoi tagliare corde che tu non hai messo, però puoi sperare".

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  3. Hai ragione sul fatto che, prima o poi, lo potrebbero decidere di tagliarle come ho fatto io. Quanto al sperare, però, non lo farò. Non starò ad aspettare qualcosa che non so se arriverà mai. Ma starò loro vicino con Amore, soffrendo se necessario, ma senza abbandonarli. Questo non potrei proprio farlo.

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  4. Non ti ho detto di aspettare...solo di buttare l'occhio ogni tanto dietro..ricordarti di loro.

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